tag:blogger.com,1999:blog-79849293933445878682024-03-13T15:02:01.162+01:00Quando Bevo Scrivopoesie e racconti di Mauro FodaroniMaurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.comBlogger84125tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-34863470769976127442020-08-19T16:22:00.004+02:002020-08-19T16:24:57.413+02:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEy_7rSMlPa5EmridQX9lAFoP0lXFxEqy_sclfkFx2Fl04mdhY3rV2UH9jBq_uNlqfb67gYYZfAap2aAyHFFqdqQgYOdN8PMLoX7ZA-VPJqSnb6iI0NB34aZx9v40C9a17bS6DzjvKZj_G/s1000/0345322-1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="1000" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEy_7rSMlPa5EmridQX9lAFoP0lXFxEqy_sclfkFx2Fl04mdhY3rV2UH9jBq_uNlqfb67gYYZfAap2aAyHFFqdqQgYOdN8PMLoX7ZA-VPJqSnb6iI0NB34aZx9v40C9a17bS6DzjvKZj_G/s640/0345322-1.jpg" /></a></div><p style="background-color: white; color: #1c1e21; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px; margin: 0px 0px 6px;"><br /></p><p style="background-color: white; color: #1c1e21; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px; margin: 0px 0px 6px;"><br /></p><p style="background-color: white; color: #1c1e21; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px; margin: 0px 0px 6px;">Se siete in spiaggia e cercate una lettura poco impegnativa, fate pure: è gratis.</p><p style="background-color: white; color: #1c1e21; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px; margin: 6px 0px;">Titolo del romanzo: "Il bello di perdere" 169 pp.</p><p style="background-color: white; color: #1c1e21; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px; margin: 6px 0px;">Non ho tempo per editing e robe varie, ma non volevo lasciarlo nel cassetto.</p><p><span style="background-color: white; color: #1c1e21; font-family: inherit; font-size: 14px;">Ecco i link, spero funzionino</span><span style="background-color: white; color: #1c1e21; font-family: inherit; font-size: 14px;"> </span><span class="_47e3 _5mfr" style="background-color: white; color: #1c1e21; font-family: inherit; font-size: 14px; line-height: 0; margin: 0px 1px; vertical-align: middle;" title="Emoticon smile"><img alt="" class="img" height="16" role="presentation" src="https://static.xx.fbcdn.net/images/emoji.php/v9/t4c/1/16/1f642.png" style="border: 0px; vertical-align: -3px;" width="16" /><span aria-hidden="true" class="_7oe" style="display: inline; font-family: inherit; font-size: 0px; width: 0px;">:)</span></span> </p><p>https://www.scribd.com/document/472955720/Il-Bello-Di-Perdere</p><p><br /></p><p>https://drive.google.com/file/d/165DxyXw932Wi2Ux7Al02Mh2g9bzq8P4m/view?usp=sharing&fbclid=IwAR0OcQje37QULlP4MditgOC7krpKFMweGx5vwIfqnAUe967AoOJmE0ffQ68</p>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-86502591305446418512013-12-21T11:40:00.000+01:002013-12-21T11:51:01.830+01:00<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<b>Il Genio della battuta.</b></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>(Racconto di Natale)</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Noemi e Lalu si erano diretti vicino
alla stradina. Avrebbero raccolto la neve più soffice e pulita,
appena caduta dai cipressi.L'idea venne a Noemi.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Lalu aveva dimenticato i guanti a casa.
Non poteva tornare a prenderli, per paura che i suoi non lo facessero
uscire di nuovo a giocare con l'amica tra la neve.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Noemi gli diede uno dei suoi.
Raccolsero tanta neve fresca e, come una persona sola, la portarono
al centro del parcheggio dell'ospedale, dove aveva deciso Noemi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il primo mucchio servì a poco. Ne
venne una piccola base, piramidale e molliccia. Noemi scuoté la
manina, guardando Lalu con le braccia rigide lungo i fianchi e il
respiro gelato che gli usciva dalla bocca.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Tornarono ai cipressi, raccolsero
ancora un altro mucchio, questa volta più grande. Noemi aveva dato
l'altro guanto a Lalu e gli aveva sistemato le braccia per caricare
la neve. Lalu guardava verso la stradina. Noemi gli parlava mentre
raccoglieva. “Il nostro pupazzo sarà il più bello della città”,
“Dobbiamo solo trovare un telefono per fargli una foto”, “non è
che i tuoi, anche se sono poveri, te ne regaleranno uno per Natale?”,
e continuava, anche se l'amico non le rispondeva. “A me, di certo
no, hanno paura dei maniaci. Voglio dire: che ti potrà mai fare un
maniaco per telefono, se mi rompe, riattacco. No? Ehi, mi stai a
sentire?”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il caposquadra alzò lo sguardo e
lasciò cadere un bel mucchio di neve. Si avvicinò al sottoposto.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Un corteo di auto stava arrivando, con
alla testa due volanti della Polizia per fare strada. Il corteo di
grandi auto si fermò. Gli autisti corsero per aprire le portiere
posteriori.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Una fiumana scura percorse la stradina
per l'ospedale. Quando tutte le persone entrarono dentro l'edificio,
due carabinieri sistemarono la bandiera italiana su un'asta, fuori
dall'ingresso. Poi entrarono dentro e chiusero le porte.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Stavano andando all'ultimo spettacolo
del grande Genio della battuta.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Noemi diede una spallata a Lalu e gli
disse: “Accipicchia che musi. Finiamo il nostro pupazzo prima di
pranzo, sbrighiamoci”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il Genio aveva iniziato due anni prima.
La prima battuta la scrisse per la morte di un anziano politico in
pensione, poi se la prese con il Governo, la mafia e tutte le altre
istituzioni (sì, pure la mafia). Riscosse un successo
inimmaginabile. Ogni notizia che usciva sui giornali, riportava il
fatto e subito dopo la versione satirica del Genio.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La RAI gli aveva affidato la conduzione
di un programma e ben presto divenne la trasmissione più seguita in
Italia.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Finché, un anno fa, dopo dieci minuti
di diretta, il Genio allargò le braccia, chiedendo silenzio. Abbassò
la testa, mise l'indice alle labbra e disse: “Ho creato la battuta
perfetta, la migliore battuta mai scritta”. Gli spettatori
impazzirono, si alzarono in piedi come dopo un goal ai Mondiali. “Ma
ve la dirò solo al mio ultimo giorno di vita”. Gli spettatori
spalancarono gli occhi. “Ora basta. Sipario”, concluse il Genio.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fortunatamente il Genio si ammalò
gravemente. Su suo incarico, i dottori dell'ospedale dove era in cura
contattarono le persone da invitare al suo ultimo spettacolo. Quello
in cui avrebbe rivelato la “battuta perfetta, la migliore battuta
mai scritta”.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sistemarono la sala congressi con al
centro il Genio steso sul suo lettino.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Come da sue ultime volontà, il Genio
avrebbe raccontato la “battuta perfetta, la migliore battuta mai
scritta” al Presidente della Repubblica, questi poi avrebbe avuto
il gravoso incarico di riferirla ai presenti e in diretta TV a tutti
gli italiani ansiosi e desiderosi di gioia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il Genio mosse il braccio destro. Era
il segnale. Il Presidente si alzò dalla sua poltroncina e gli si
avvicinò. Il Genio mosse le labbra. Il Presidente chinò il capo,
per avvicinarlo alla bocca del Genio.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il Genio mosse rapidamente le labbra,
poi sorrise, tossì e chiuse la bocca. Per sempre.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il Presidente si drizzò di scatto. I
suoi occhi divennero piccoli, dietro le lenti degli occhiali.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Unì l'indice e il pollice e,
balzellando sulle punte dei piedi, con voce solenne disse: “Non
sono riuscito a capire un cazzo!”.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Alle persone presenti e a tutti gli
italiani in diretta, fu come se avessero strappato l'anima dal corpo.
Sentirono un forte bisogno d'aria. I presenti al capezzale del Genio
andarono verso le finestre, quasi simultaneamente, come richiamati.
Lasciarono lì il presidente e il corpo del Genio.
</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fiocchi di neve stavano cominciando a
scendere da un cielo d'asfalto. Nel parcheggio due bambini
terminavano uno pupazzo di neve. Il più piccolo, con un dito, stava
disegnando il sorriso.</div>
</div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-53795608907642270622013-05-25T07:55:00.001+02:002013-05-25T07:57:44.409+02:00e-CARDS - Las Vegas edizioni.<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<h2 style="background-color: white; border: 0px; color: #111111; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 24px; font-weight: normal; letter-spacing: -1px; line-height: 1em; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px 0px 5px; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<strong style="background-color: transparent; border: 0px; color: #1c1c1c; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">e-CARDS</strong></h2>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; vertical-align: baseline;">
<br /></div>
<h3 align="center" style="background-color: white; border: 0px; color: #111111; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 22px; font-weight: normal; letter-spacing: -1px; line-height: 1em; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px 0px 5px; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">- Scopri le tue carte -</b></h3>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<a href="http://www.lasvegasedizioni.com/wp-content/uploads/asso-di-picche-spruzzo.png" style="background-color: transparent; border: 0px; color: #ffa300; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-decoration: none; vertical-align: baseline;"><img alt="asso-di-picche-spruzzo" class="wp-image-3234 aligncenter" height="210" src="http://www.lasvegasedizioni.com/wp-content/uploads/asso-di-picche-spruzzo-206x300.png" style="background-color: transparent; border: 0px; display: block; height: auto; margin: 0px auto; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;" width="144" /></a></div>
<h3 style="background-color: white; border: 0px; color: #111111; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 22px; font-weight: normal; letter-spacing: -1px; line-height: 1em; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px 0px 5px; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<strong style="background-color: transparent; border: 0px; color: #1c1c1c; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><a href="https://www.facebook.com/events/377503179022069/?fref=ts" style="background-color: transparent; border: 0px; color: #111111; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-decoration: none; vertical-align: baseline;" target="_blank">Evento Facebook</a></strong></h3>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Las Vegas edizioni</b> indice la prima puntata del concorso letterario <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">e-CARDS</b>, che selezionerà i racconti della <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">collana digitale</b> dedicata alle carte da gioco e distribuita gratuitamente on-line.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
La prima carta estratta, tema della prima selezione di racconti, è l’<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Asso di Picche</b>.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
Cerchiamo storie divertenti, dissacranti, drammatiche o psicotiche. Del resto… siamo a Las Vegas!</div>
<h3 style="background-color: white; border: 0px; color: #111111; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 22px; font-weight: normal; letter-spacing: -1px; line-height: 1em; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px 0px 5px; vertical-align: baseline;">
</h3>
<h3 align="center" style="background-color: white; border: 0px; color: #111111; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 22px; font-weight: normal; letter-spacing: -1px; line-height: 1em; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px 0px 5px; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Regolamento</b></h3>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">1.</b> La <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">partecipazione</b> è completamente <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">gratuita</b> e aperta a tutti. Ogni autore può inviare un solo racconto in lingua italiana.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">2.</b> Il <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">tema/ispirazione</b> di questa prima selezione di e-CARDS è l’<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Asso di Picche</b>, da svilupparsi senza limitazioni di genere.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">3.</b> La <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">lunghezza</b> deve essere compresa tra le 5.000 e le <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">10.000 battute</b> (spazi inclusi).</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">4.</b> È necessario utilizzare un <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">carattere</b> <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">semplice</b> da leggere (Times New Roman o Garamond, font nero, corpo 12).</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">5.</b> La <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">scadenza</b> è fissata per sabato <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">25 maggio</b> 2013 ore 12:00.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">6.</b> L’unica condizione per poter partecipare al concorso è di <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">copiare il presente bando</b> sul proprio blog, pagina o profilo Facebook, account Twitter o Google+.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">7.</b> Il racconto va spedito all’<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">indirizzo</b> <a href="mailto:concorso@lasvegasedizioni.com" style="background-color: transparent; border: 0px; color: #ffa300; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-decoration: none; vertical-align: baseline;">concorso@lasvegasedizioni.com</a> indicando nell’<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">oggetto</b> la dicitura ‘e-CARDS’, il titolo del racconto seguito dal nome dell’autore (es. ‘e-CARDS – Il baro – di Elena Ponti’).</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">8.</b> Nel <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">corpo dell’e-mail</b> vanno inseriti i <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">dati</b> (nome, cognome, data di nascita); la <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">biobibliografia</b>; il <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">link</b> al blog/pagina/profilo con il bando del concorso e la seguente <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">dichiarazione</b>:</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<i style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">‘Io sottoscritt* Xxx Xxx dichiaro di aver preso visione del regolamento e di acconsentire al trattamento dei dati personali in base all’art. 13 del D. Lgs. 196/2003 sulla privacy. Dichiaro che il racconto intitolato Xxx è inedito e di mia proprietà intellettuale. Autorizzo Las Vegas edizioni a pubblicare il mio racconto nella collana e-CARDS (distribuita gratuitamente su Internet) senza ricevere compensi economici. Dichiaro di aver compreso e accettato tutte le condizioni di partecipazione al concorso e di selezione delle opere.’</i></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">9.</b> Il racconto va allegato in <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">formato</b> <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">.doc</b>.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #555e58; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 24px; outline: 0px; padding: 0px 0px 10px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">10.</b> Las Vegas edizioni selezionerà uno o, nel caso pervenissero due opere particolarmente meritevoli, due racconti da pubblicare in formato digitale nella prima uscita della <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">collana e-CARDS</b>, con il titolo <b style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><i style="background-color: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Asso di Picche</i></b>. Il giudizio della casa editrice è insindacabile.</div>
<div>
<br /></div>
</div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-36781060319480772682013-04-15T14:20:00.001+02:002013-04-15T14:20:41.955+02:00 La quiete degli ulivi<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
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<br />
<div class="MsoNormal">
</div>
<div class="MsoNormal">
Mi agita la quiete degli ulivi</div>
<div class="MsoNormal">
ma poi ripenso </div>
<div class="MsoNormal">
che è solo l’occhio che li vede.</div>
<div class="MsoNormal">
Abbasso il viso</div>
<div class="MsoNormal">
e il cane ride</div>
<div class="MsoNormal">
avanzo tra i profumi</div>
<div class="MsoNormal">
di un paesaggio che amo</div>
<div class="MsoNormal">
e vorrei bruciare</div>
<div class="MsoNormal">
mi siedo su una roccia che fa male</div>
<div class="MsoNormal">
e lascio che il dolore ci si adatti.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Esco da me stesso, meno gli occhi</div>
<div class="MsoNormal">
E vedo piccoli fiori voltarsi al sole</div>
<div class="MsoNormal">
E sento il canto degli uccelli gaudi</div>
<div class="MsoNormal">
E un albero robusto non temere il vento,</div>
<div class="MsoNormal">
Ma tutto lì viveva prima di me</div>
<div class="MsoNormal">
E tutto procederà nella mia assenza.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
</div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-66437612002838182072013-01-02T19:31:00.000+01:002013-01-02T19:31:40.600+01:00<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<br />
<div role="article">
<div class="_1x1" style="padding: 10px 0px 15px;">
<div class="userContentWrapper">
<div class="_wk" style="font-size: 13px; line-height: 18px;">
<div class="text_exposed_root text_exposed" id="id_50e47c1aad0663f59447132" style="display: inline;">
Quello che reggi dentro.<br />
<br />
Rimangono,<br />
certo che rimangono,<br />
come pianto secco ai lati degli occhi<br />
che il vento ricorda, curioso, e imbarazza<br />
scorrono,<br />
sfogli la vita, senza sorrisi<br />
l'amaro di una mano calda alla gola<br />
trascina, industriale<br />
<span class="text_exposed_show" style="display: inline;">una valigia<br />su di un letto di ghiaia<br /><br />e paghi col silenzio una montagna severa<br />-padrona di uomini chini e cestini di mele-<br />finché ti disinteresserai, bevendo con gli altri,<br />guardando fuori dai vetri<br /><br />scorgendo strade e palazzi.</span></div>
</div>
</div>
</div>
</div>
</div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-48558854049659567192012-11-07T15:45:00.002+01:002012-11-07T15:45:22.663+01:00<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/62cFlT56sas?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
<br /></div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-32228169259413869042012-10-16T14:00:00.000+02:002012-10-16T14:00:13.040+02:00<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<a href="http://www.sololibri.net/Bar-Mattatoio-di-Mauro-Fodaroni.html" target="_blank">Recensione di Sonia Tortora a Bar Mattatoio su Sololibri.net</a><br />
<img alt="" src="http://www.sololibri.net/images/logo.png" /></div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-16406012123164627292012-09-21T12:57:00.003+02:002012-09-21T12:58:11.595+02:00Leggi un estratto Bonus dal romanzo "Bar Mattatoio"<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
... <br />
Il ristorante “la Corriera” era specializzato in novelle cuisine:
cappesante, sugo di animali da cortile, riso al cioccolato e maiale con
il miele. Il tutto in minuscole porzioni e servito su piattoni quadrati,
decorati con salse di vari colori. Si presentò il sommelier per la
scelta del vino. <br />
- Signori, il mio nome è Augusto. Posso aiutarvi nella scelta del vino?<br />
Ci consigliò un rosso locale, delicatamente fruttato che si abbinava bene col mio maiale.<br />
Avevo controllato la carta dei vini, quello che ci consigliava il tipo
con lo zinale nero costava solo quaranta euro. Scossi la testa, e dissi
al sommelier che questa era una serata speciale e avevamo bisogno di festeggiare con un vino di importanza superiore. Tanto pagava lei.
Chiesi una bottiglia di Calon-Ségur. Non sapevo di cosa si trattava,
speravo di non aver scelto un vino sbagliato, mostrando che la mia
preferenza era ricaduta su quella bottiglia solo per il gusto di far
spendere un sacco di soldi alla mia collega. L’uomo mi disse: -
Meravigliosa scelta signore!<br />
Augusto sorrise quando gli chiesi se lo avevano anche bottiglie da due litri.<br />
Iva era rimasta impassibile, probabilmente perché non sapeva di aver già
speso la bellezza di centoventi euro. Anzi mi sorrise dicendomi che la
sorprendeva il fatto che conoscessi così bene i vini. Era cambiata.
Lontana dall’ufficio era diversa, era molto gentile e calma.<br />
La osservavo infilarsi avidamente il cucchiaio di riso in bocca con la crema al cioccolato che le colava dal mento sul piatto.<br />
Il fatto di vendere il mio corpo non mi disturbava. Mi sentivo un
playboy, un grande amante, uno che nella vita non avrebbe dovuto
lavorare per sfangare la situazione, ma gli sarebbe bastato solo
schioccare le dita ed una donna matura e desiderosa delle mie attenzioni
sarebbe accorsa all’istante.<br />
Mi rilassai, stesi la schiena all’indietro e allungai le gambe.
Sorseggiai l’ottimo vino francese e lanciai occhiate ai tavoli attorno.
Sedute attorno a me c’erano coppie, con danarosi uomini vecchi e brutti e
giovani donne poco vestite e ben curate. “Guardatemi bellezze, io sono
uno di voi” , “ringraziamo il Dio dell’amore perché ci ha reso così
attraenti, omaggiamoli con la vera arte dell’amore”, “rimaniamo uniti in
un simposio di passione”, “amiamoci, perché noi siamo gli angeli, le
creature perfette”, “ rendiamo questi miserabili schiavi delle nostre
forme delicate e sinuose”. Mentalmente amai tutte le ragazze del locale,
tranne naturalmente Iva, a lei l’immaginai insieme<br />
all’uomo calvo con i baffi e il vestito grigio che parlava al telefono
con la moglie mentre la biondina che gli stava davanti giocherellava con
un crostaceo e uno stuzzicadenti, emettendo stridule risatine ogni
volta che lo faceva muovere. Iva ovviamente era la moglie al telefono.<br />
La mia sudicia collega ogni tanto alzava gli occhi dal piatto e mi osservava, mentre io fingevo di guardare da un’altra parte. Piegava leggermente la testa e strizzava i
suoi occhietti fino a nasconderli tra le sopracciglia e gli zigomi.<br />
A fine cena mi diede la sua carta di credito e mi fece pagare il conto.
Uscimmo dal locale, io leggermente ubriaco per il rosso francese e lei
felice al punto di avanzare roteando come una pattinatrice sul ghiaccio e
sorrideva guardando le stelle.<br />
Si voltò di scatto, mi venne incontro e si buttò al mio petto. Mi guardò dritta negli occhi.<br />
- Andiamo a casa nostra amore mio, ho voglia di te.<br />
- E’ ancora presto, non vuoi bere un altro po’? - provai l’ultima carta
per farla ubriacare, ma desistetti subito, infatti dell’ottimo vino lei
ne aveva sorseggiato sì e no mezzo bicchiere.<br />
Alle undici eravamo a casa mia. Non volevo farmi vedere da nessuno, così parcheggiai l’auto proprio davanti alle scale. La feci scendere di corsa e altrettanto velocemente entrammo in casa.<br />
Si mise a gironzolare per la mia camera, toccando tutto quello che vedeva. Prendeva in mano i miei libri e ne ripeteva il nome dell’autore con voce altisonante. Si
fissava davanti alle mie foto appese alle pareti e si metteva le mani
dietro la schiena come un visitatore di una mostra di pittura e
ripeteva “eccoti” ogni volta che mi scorgeva.<br />
Un po’ stanco della situazione e di lei, cominciai a spogliarmi, le andai davanti nudo e le dissi
che ero pronto per cominciare.<br />
- Che fretta hai tesoro, abbiamo tutta la notte.<br />
- Sono stanco, domani mi devo alzare presto e poi ho bevuto troppo.<br />
- Va bene amore, dimmi dov’è il bagno che mi sistemo e arrivo.<br />
Mi stesi sul letto. Presi i profilattici e li misi sul comodino. Controllai il mio uccello. Mi sembrò
di toccare una gengiva anestetizzata. Non dava segni di vita, probabilmente il vino o la situazione squallida stavano giocando a mio sfavore. Però non potevo mollare proprio ora. Avevo fatto tanto, anche troppo e anche se la parte peggiore della serata doveva ancora arrivare, ero deciso a portarla a termine. Glielo dovevo al cane, non potevo lasciarlo morire in
solitudine, con una puntura di veleno, in uno squallido ambulatorio
veterinario.<br />
Mi concentrai, chiusi gli occhi e mi toccai tra le gambe, cercavo nei miei pensieri momenti di libidine totale.<br />
Ripensai alle tette di Maria Rosa Lalli, che, quando camminava per il corridoio della scuola di ragioneria, le dondolavano in su e giù ma anche a destra e sinistra.
Ripensai quando, durante gli ultimi giorni di scuola, lei indossava una
T-shirt bianca e Rocchi le tirò un secchio d’acqua sul petto, mostrando a
tutti quel ben di Dio di cui era fornita Maria Rosa. Ma non funzionò,
soprattutto perché io con Maria Rosa ci parlai al massimo un paio di
volte senza nemmeno avere il coraggio di invitarla a vedere un film al
cinema o prendere una birra.<br />
Funzionò, invece, quando pensai ad Anita, l’ultima ragazza con cui avevo avuto un rapporto. Il mio pene si alzò con due scatti e rimase rigido, ora bastava che tenessi il pensiero fermo su di Anita e tutto sarebbe stato possibile. Sentii lo sciacquone del water e la
porta aprirsi. <i> </i><br />
<i>Pensa ad Anita, pensa ad Anita, pensa ad Anita</i>.<br />
Si era spogliata. Nuda faceva ancora più schifo. I suoi capezzoli, che non avevo visto l’altra volta, erano due bottoni, troppo grandi per quei seni inesistenti.<br />
<i>Pensa ad Anita</i>, <i>pensa ad Anita</i>, <i>pensa ad Anita</i>.<br />
Si buttò sul letto. Ebbe anche il coraggio di provare uno
scherzetto, se solo avesse immaginato quanta fatica avevo fatto per
erigere il monumento che tenevo in mezzo alle gambe!<br />
- Cucù! - disse davanti alla mia faccia, mentre stava in ginocchio sul letto e si reggeva con i pugni
sul materasso.<br />
<i>Pensa ad Anita, pensa ad Anita, pensa ad Anita.<br />
</i>Piano piano Iva stava svanendo e Anita prendeva il suo posto. Ora la sua pelle non era più ruvida
e oleosa ma liscia, profumata e morbida. I suoi fianchi non erano ossuti
ma formavano curve delicate e accomodanti. I suoi capelli erano
diventati lunghi e biondi e il suo viso era diventato quello di un
angelo con gli occhi neri, quello di Anita.<br />
La baciai, la strinsi forte, strusciai il mio corpo contro il suo. Bellissima Anita, bellissimo amore
mio.<br />
Esplosi di piacere dopo pochi minuti. Lei felice rimbalzò sulla
parte destra del letto, mi appoggiò la testa sul petto e si addormentò.<br />
...</div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-20177913914206819552012-09-06T13:58:00.002+02:002012-09-19T13:55:26.771+02:00Rassegna stampa Bar Mattatoio<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<br />
“Bar Mattatoio, questo titolo, sta ad indicare un luogo di raccolta,
proprio una sorta di macello anche se è un bar. Ma è un bar di uomini
che la vita li ha sconfitti e quindi mandati al macello. Le persone che
lo frequentano sono morte nell’anima, ecco perché il titolo “Bar
Mattatoio”. Però Michele Fanti, il protagonista, non vuole finire morto
nell’anima e farà di tutto per uscire da questo bar senza speranze.”<br />
<br />
Giuseppe Iannozzi su “Bar Mattatoio” Cicorivolta Edizioni.<br />
<br />
<br />
<a href="http://iannozzigiuseppe.wordpress.com/2012/09/08/mauro-fodaroni-bar-mattatoio-o-la-speranza-ritrovata-cicorivolta-edizioni-recensione-di-giuseppe-iannozzi/" target="_blank">La recensione di Bar Mattatoio di Giuseppe Iannozzi</a><br />
<br />
<a href="https://iannozzigiuseppe.wordpress.com/2012/07/23/mauro-fodaroni-autore-di-bar-mattatoio-intervista-a-cura-di-giuseppe-iannozzi-cicorivolta-edizioni/" target="_blank">Leggi l'intervista con Giuseppe Iannozzi su "Bar Mattatoio"</a> <br />
<br />
<a href="http://www.lafeltrinelli.it/products/9788897424161/Bar_Mattatoio/Mauro_Fodaroni.html" target="_blank">Ordina "Bar Mattatoio" su La Feltrinelli!</a><br />
<a href="http://www.ibs.it/code/9788897424161/fodaroni-mauro/bar-mattatoio.html" target="_blank">Ordina "Bar Mattatoio" su IBS</a><br />
<br />
<a href="http://www.altrapagina.it/ingrandimento_articolo.php?ID_Articolo=3835&Categoria1_Click=&ID_Cat_Art_1=&ID_Cat_Art_2=" target="_blank">Recensione di Bar Mattatoio su l'Altrapagina</a> </div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-52478265632772402762012-06-12T14:09:00.005+02:002012-09-19T13:54:41.430+02:00<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMwIYgj36Tm8KTRr8bD_e-gYIrKqeob-4-2P2WK69cpXvSZkht1Bbn12FxOf9E0tInl9NXCfN2oJDxZTRZPiE2cjIgL_8lr9Ym_6QpBwL57MjBmKvsFnGHadyvYxTxj_zxUb-Vdl2W0y5Q/s1600/loc.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMwIYgj36Tm8KTRr8bD_e-gYIrKqeob-4-2P2WK69cpXvSZkht1Bbn12FxOf9E0tInl9NXCfN2oJDxZTRZPiE2cjIgL_8lr9Ym_6QpBwL57MjBmKvsFnGHadyvYxTxj_zxUb-Vdl2W0y5Q/s400/loc.jpg" width="266" /></a></div>
<h6 class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}">
<span class="messageBody" data-ft="{"type":3}"> </span></h6>
<h6 class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}">
<span class="messageBody" data-ft="{"type":3}">"BAR MATTATOIO"<br /> Cicorivolta Edizioni<br /> collana temalibero<br /> autore Mauro Fodaroni<br /> ISBN 978-88- 97424-16-1<br /> euro 12,00 - pp.137 - © 2012 </span></h6>
<h6 class="uiStreamMessage" data-ft="{"type":1,"tn":"K"}">
<span class="messageBody" data-ft="{"type":3}">in copertina, “Taglio netto”, illustrazione originale di Stefano Giombini.</span></h6>
</div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-44224136560813885232012-04-16T13:17:00.000+02:002012-09-19T13:52:45.403+02:00La domenica delle palme.<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<br />
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<div class="MsoNormal">
La città è di sale</div>
<div class="MsoNormal">
gli uomini e le donne di carbone</div>
<div class="MsoNormal">
il barrito di una tromba</div>
<div class="MsoNormal">
muove la processione;</div>
<div class="MsoNormal">
rotolano sopra carcasse sanguinanti</div>
<div class="MsoNormal">
e </div>
<div class="MsoNormal">
nel mastichio delle ossa frantumate</div>
<div class="MsoNormal">
l’ardente corteo scopre le forme.</div>
<div class="MsoNormal">
Sono, ora, i tacchi sopra gli occhi</div>
<div class="MsoNormal">
a pesare in luogo di parole.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
</div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-41108483705067810152012-01-22T15:55:00.002+01:002012-09-19T13:52:59.638+02:00Ti chiedo silenzio<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<br />
<div class="MsoNormal">
Ti chiedo silenzio per piacere</div>
<div class="MsoNormal">
pure se non hai paura di morire</div>
<div class="MsoNormal">
se trovi, tutto ciò, delicato,</div>
<div class="MsoNormal">
assente e privo di te,</div>
<div class="MsoNormal">
forse lo hai sentito</div>
<div class="MsoNormal">
mentre cercavi di coprirti bene</div>
<div class="MsoNormal">
vicino a un salice, sulla collina</div>
<div class="MsoNormal">
di fronte al mare.</div>
<div class="MsoNormal">
Era inverno</div>
<div class="MsoNormal">
e il vento mescolava le onde</div>
<div class="MsoNormal">
e parlava alla tua pancia.</div>
</div>
Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-48432286835899053842011-12-29T16:34:00.000+01:002011-12-29T16:34:40.843+01:00<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">è quando piove che si alzano le mani,<br />
che ti specchi nell'asfalto.<br />
Quando gli arcobaleni <br />
ti si attaccano alle scarpe.</div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-63671393672927330622011-12-29T16:27:00.000+01:002011-12-29T16:27:50.145+01:00Porte scorrevoli<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><br />
<div class="MsoNormal">Quel giorno scorrevo per le vie</div><div class="MsoNormal">quando Dio decise di strappare via</div><div class="MsoNormal">i colori, come una porta che scorre</div><div class="MsoNormal">sgocciolarono orizzontalmente.</div><div class="MsoNormal"><br />
</div><div class="MsoNormal">E rimasero i contorni, a matita,</div><div class="MsoNormal">degli esseri che ancora resistevano</div><div class="MsoNormal">imperturbabili, per i negozi</div><div class="MsoNormal">con le borse piene, nei loro movimenti.</div><div class="MsoNormal"><br />
</div><div class="MsoNormal">Passavo una mano sulle loro spalle</div><div class="MsoNormal">e li cancellavo, esistevano come </div><div class="MsoNormal">lamenti di agnelli nel deserto</div><div class="MsoNormal">o si attaccavano alla carta moschicida.</div><div class="MsoNormal"><br />
</div><div class="MsoNormal">Ho mostrato a tutti, sempre, la mia</div><div class="MsoNormal">anima, ho fatto sì che fosse possibile </div><div class="MsoNormal">morderla, ma coloro che ne avevano</div><div class="MsoNormal">bisogno la baciavano.</div></div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-42488309819043412962011-12-18T09:48:00.002+01:002011-12-29T16:28:56.522+01:00L'oppio dei poveri<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><br />
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Mi trovo dopo tanto tempo davanti a Romeo, uno dei miei amici d’infanzia e non so cosa dire. Perciò ricorderò con lui il periodo e, più in particolare, il giorno che cambiò le nostre vite.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Romeo era fatto di burro, o meglio, sua madre diceva che lui e i suoi amici, cioè noi, non valevamo niente, sapevamo solo lamentarci, stare a letto col termometro in bocca a fare la lagna. Sua madre, la Doris, a letto non ci stava mai. Quando aveva la febbre, pure se era inverno, usciva di casa con le maniche corte per tagliare la legna. Aveva mille acciacchi ed era piena di problemi di salute.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Il padre di Romeo per portarla al controllo dal medico la doveva trascinare di forza fuori di casa, infilare in auto e chiuderla dentro con la sicura. Pure i finestrini non poteva abbassare, altrimenti sarebbe saltata fuori di sicuro. La Doris col dottore non ci parlava. Entrava nel suo studio, sputava per terra e ghignava ad ogni suo rimprovero. “Doris le medicine, le devi prendere” e lei gli mostrava i denti, “devi smettere di bere, ha la pressione alta, un cuore debole, ti serve un pacemaker”. Sveniva due o tre volte al giorno, anzi no, non sveniva, per quelle due o tre volte al giorno moriva. Romeo si metteva le mani davanti alla faccia e suo padre chiamava la Croce Rossa. Quando l’ambulanza arrivava, gli infermieri e il dottore trovavano la vecchia Doris in cucina che preparava l’impasto per la torta salata con una bottiglia di birra vuota sopra la tavola.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Sua madre diceva che Romeo era fatto di burro, io che era fatto di soldi. Non gliene vedevamo mai tirare fuori uno dalle tasche, neanche un centesimo. Servono per le medicine di mia madre, diceva. Cazzate, la vecchia le medicine le dava ai polli. Avevamo sedici anni e non avevamo mai niente da fare, perciò passavamo i pomeriggi fuori dalla bottega di Paolo il matto a pensare a qualcosa, mentre i nostri vecchi tornavano dai loro lavori e si riempivano di “oppio dei poveri”. Mio padre, per esempio, tornava a casa dalla fabbrica alle cinque e un quarto. Entrava in casa senza neanche salutare, andava in cucina, apriva il frigo e prendeva una bottiglia da zero sessantasei. La stappava e si lasciava crollare, ad ogni sorso, sempre più all’interno della gommapiuma. Per gli altri genitori era più o meno lo stesso. Tutti con i loro lavori massacranti e le loro giornate di merda, finché non arrivava la benedetta sera per potersi rilassare e intorpidire l’anima dalla birra.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;"><br />
</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Prima eravamo in tre: io, Romeo e Gigino Mazzagatti. Poi, un giorno, arrivò una ragazza, magra, coi capelli castani chiari e gli occhi del colore dei parabrezza controsole. Portava una canottiera chiara e i pantaloncini di jeans. Si avvicinò a noi, seduti sulle nostre biciclette, e rimase lì senza dirci niente. Incominciò a seguirci.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Le prime volte che ci vedemmo non parlò, forse per un mese. Poi un pomeriggio Gigino disse: “A casa mi hanno portato due criceti, che ne dite?” e lei per la prima volta ci parlò: “Andiamo a bere birra”. “Come ti chiami”, le chiesi, “Bodanka”, mi rispose. Decidemmo di anticipare i tempi: iniziammo a bere birra tutti i pomeriggi. Arrivammo alla conclusione che non vale la pena di spaccarsi il culo per arrivare ad un’età dove i rimpianti ti avranno mangiato il fegato e seccato il cuore.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Fu una svolta. La prima volta andammo a casa mia. Noi tre, i maschi, ci sedemmo sul divano e lei andò al frigo, la guardammo chinarsi in avanti, aprire lo sportello e prendere le birre. Avevamo le bocche aperte. Stappava le birre e ce ne dava una per uno. Mi prese una strana voglia quel giorno. Andai in camera di mio fratello e tornai con una scarpa da ginnastica. Tirai fuori una bustina e la mostrai ai miei amici. “Qualcuno di voi sa come si fa?”, Bodanka alzò la mano.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Rimase seduta, strinse le cosce e vi sistemò la bustina. L’aprì. In una mano posizionò l’erba e con l’altra prese una cartina. Fece proprio un bel lavoro. La fumammo tutti, fui felice perché la vedevo sorridere di gusto. Mi chiese di usare il bagno. L’accompagnai. Quando entrò prese la mia mano e mi tirò dentro. Avevo i suoi occhi a due centimetri dai miei e mi sembrava che bruciasse ogni punto della mia carne che guardavano. Non avevo mai baciato una ragazza. Socchiuse gli occhi e aprì leggermente le labbra. Tremai e indietreggiai, attaccandomi alla porta del bagno. Con la mano riuscii ad afferrare la maniglia e dicendole “fai pure con comodo” uscii, incapace di guardarla in faccia e pentendomi subito per quello che avevo fatto. Tornai in sala dagli altri. Erano rimasti seduti, congelati. Solo le teste dondolavano un po’. Gli sguardi puntati sul nulla. Sentii Bodanka uscire dal bagno, volevo riprendermi dalla figuraccia. Le andai incontro sorridendo. Evitò il mio sguardo. Si mise a sedere vicino a Romeo. Lui dondolava la testa e lei lo abbracciava, sempre più stretto. Poi lo baciò sulle guance. Andai al frigo e presi altre birre. Una lattina per uno. Così si staccò da quel parassita. Si fece quasi ora di cena e se ne andarono. Li osservai dalla finestra, Gigino davanti e Romeo e Bodanka dietro. Dovevo assolutamente rimediare.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Il giorno dopo, seduti sulle nostre bici, aspettavamo Bodanka davanti alla bottega di Paolo il matto. La osservammo sistemare i capelli dietro le orecchie prima di attraversare la strada con un rapido, quanto delizioso, scatto di corsa. Aveva messo un vestitino rosso a fiorellini con i bordi ricamati. “Andiamo a casa tua?” mi chiese. “Da me non si può, c’è il mio vecchio a casa in mutua”, avevo messo in atto la prima parte del piano per mettere in ridicolo quell’inutile ameba di Romeo. “Ho portato l’erba però, che ne dici Romeo se andiamo a casa tua?”, con quella svitata di sua madre sai che figura di merda che gli farà fare, pensai. Bodanka gli strinse l’avambraccio e gli sorrise ansiosa. Sai la vecchia Doris che numeri che tirerà fuori, pensai. Romeo mosse la testa in avanti come un piccione e, dopo aver fatto salire Bodanka sulla canna della sua bici, diede una pedalata incerta. Incerta, per il peso che la sua forza di uomo fatto di burro poteva sorreggere; certa, per la figura di merda con sua madre, davanti alla sua nuova ragazza che lo aspettava.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">La Doris sembrava una guardia svizzera davanti alla porta di casa.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">“Mamma, che fai qui?” le chiese Romeo. “Devono chiamare per i risultati degli esami” rispose, tenendo le braccia conserte e il mento alto.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">“Ma se suona il telefono come fa a rispondere?” le chiese Bodanka. La Doris la squadrò dagli occhi fino alle ginocchia. Già cominciavo a pregustarmi l’amara figuraccia per Romeo.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">“E tu?” chiese a Bodanka. “Cosa?” rispose la ragazza.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Doris ci squadrò uno per uno. Passò dal viso di Gigino, ancora seduto sulla bici e con le braccia appoggiate al manubrio, a me che subito abbassai lo sguardo. Finì per atterrare in mezzo agli occhi azzurri di Bodanka. Ecco, quello che stavo aspettando. Doris avrebbe detto sicuramente qualche cosa di offensivo e spiacevole nei confronti della nostra nuova amica che sarebbe stata costretta a cambiare il suo punto di vista su Romeo.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Mentre la vecchia stava per spalancare le fauci, Romeo gridò: “Mamma, il telefono!”. “Io non mi muovo” rispose la Doris.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Rimase là, ancora, con le braccia conserte e il mento alto a sfidare il cielo. Romeo corse in casa a rispondere al telefono. Ne uscì, qualche minuto dopo, singhiozzando. “Femminuccia!”, esclamò sua madre che subito scrollò la testa e rientrò in casa.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Andammo vicino a Romeo. Bodanka gli si attaccò alla spalla. “Grave?”, gli chiesi. Annuì rapidamente tirando su col naso. “Che si fa?”, chiese Gigino. Nessuno gli rispose. La Doris uscì di casa con una valigia in mano. Si fermò davanti al figlio e gli disse: “Stai attento a tuo padre, beve troppo”. Romeo strinse gli occhi, non ebbe la forza di rispondere. “E voi, che intenzioni avete di fare con le vostre vite?”. Nessuno provò a risponderle. Romeo le chiese: “Che fai con la valigia?”.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">“Africa, pelandrone!” gli rispose, e dondolando sui tacchi si avviò verso la strada.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Le parole della madre di Romeo furono lame di ghiaccio che s’infilarono nelle nostre gole. Provammo vergogna per noi stessi, per le nostre vite, per i nostri genitori, per le biciclette, la terra che calpestavamo, i sassi che scalciavamo. Da lì in avanti ci sentimmo in obbligo di cambiare le nostre vite. Gigino fu il primo a proporre qualcosa: “Rapiamo i cani dei ricchi e chiediamo il riscatto”. Guardai gli altri due. Romeo stringeva i pugni e singhiozzava, Bodanka stava con lo sguardo basso e ogni tanto si metteva una ciocca di capelli dietro l’orecchio. La proposta di Gigino non li aveva entusiasmati. “Scappiamo”, dissi. Sentii la loro attenzione diventare corrente elettrica che mi stava avvolgendo. “In Africa?” chiese Romeo. “Ovunque”, risposi, “l’importante è che ce ne andiamo da qui, non voglio finire come il mio vecchio”. “Neanche io”, mi disse Romeo, asciugandosi le lacrime coi polsi. “Prendiamo gli zaini e andiamo alla stazione”, fece Bodanka. Gigino alzò le spalle, fece una smorfia e ci seguì.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">L’appuntamento era al negozio di Paolo il matto per prendere un po’ di roba per il viaggio. Riempimmo gli zaini di lattine di birra. Da mangiare prendemmo qualche snack dolce e un pacchetto di patatine. Uscimmo dal negozio. Faceva proprio schifo, saranno stati vent’ anni che non si degnava di dargli una sistemata. Gigino era accovacciato a terra, sul marciapiede a punzecchiare un gatto morto. “Lo hai ammazzato tu?”, gli domandai. Gigino lo prese per la testa e parlò come fanno i ventriloqui: “Sono stato investito dall’auto di uno stronzo”, mi rispose muovendo la testa del povero micio. “Cammina idiota, e se hai intenzione di mangiare le patatine, lavati le mani prima”.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Ci incamminammo. Oltrepassammo il bar del nostro quartiere, dove non ci volevano perché eravamo troppo giovani; i giardinetti, dove le madri con le carrozzine non ci volevano perché eravamo troppo grandi e davamo fastidio col pallone e con le grida ai loro marmocchi.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Ci lasciammo dietro le spalle, quel quartiere e quella gente che non ci voleva e, come superammo il ponte del Tevere ci sentimmo subito meglio. Avevo pure smesso di controllare Bodanka e Romeo, l’incontro con la Doris doveva aver funzionato, i due non si abbracciavano più e non stavano più sempre attaccati.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Arrivammo alla stazione. Non c’era molto da scegliere, c’era una sola direzione che portava da qualche parte: “Perugia”. Feci i biglietti per tutti e salimmo in treno. C’era poca gente perciò trovammo posto tutti e quattro vicini. “Da Perugia, io direi, di prendere per Ancona”, dissi, aprendo la prima lattina di birra. “E dopo?”, chiese Bodanka. “Andiamo verso sud”, propose Romeo. “Perché no? Andiamo dove ci pare”, e allungai le gambe in mezzo a quelle di Bodanka seduta di fronte a me. Cominciammo a bere una lattina dopo l’altra. E ad ogni fermata il vagone si riempiva di gente. Persone di colore, anziane con i fazzoletti in testa, studenti con cartelline plastificate piene di squadre, righe e album da disegno. Tutti ci guardavano male. “Che avete da guardare?”, chiese ai curiosi Bodanka, non riuscendo a frenare una risata che le fece venire la tosse. Un’anziana ci venne a parlare: “Non siete troppo giovani per bere così tanto?”, ci chiese. “Non sono cazzi tuoi!”, le rispose la nostra amica. “Miao, miao!”, Gigino cominciò a miagolare davanti alla faccia della signora. “Che ti prende ragazzo? Non sei normale? Vedete poi come vi riducete a bere così tanto!”, ci disse. Gigino prese lo zaino e tirò fuori il gatto morto che aveva raccattato per strada senza farsi vedere da noi e lo attaccò alla faccia dell’anziana. La povera donna gridò e abbassò la testa cercando di divincolarsi, e una volta che ci riuscì si allontanò e uscì dal nostro vagone. Così fecero quasi tutti gli altri e noi quattro, e il gatto che Gigino tratteneva in grembo come un pargolo, potemmo continuare tranquillamente la nostra fuga.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;"><br />
</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Quel giorno la vecchia Doris ci aveva palesemente detto di andarcene da qual quartiere, da quella città, di vedere il mondo, di vivere le nostre vite. Noi avevamo preso quel suggerimento come una guerra da combattere, una guerra col passato con le nostre radici più profonde, con i nostri genitori. Quel giorno sbagliammo tutto, facemmo solo un grande casino, ci ritrovarono infatti ubriachi e affamati dopo Pescara a dormire nel bar di una stazione ferroviaria. Quel giorno i nostri genitori ci riportarono a casa, fummo quasi felici di riabbracciarli, ma dentro di noi ci facemmo la promessa di ripartire, di fuggire al momento giusto, una volta per tutte. Anche a costo di non rivedersi più. E infatti lo facemmo, tutti, anzi no. Romeo rimase nel quartiere e, come gli altri, iniziò a lavorare in fabbrica e a bere tutte le sere.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;"><br />
</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Oggi, dopo quasi venti anni, abbiamo l’occasione di stare di nuovo tutti e quattro assieme nel vecchio quartiere. Gigino si è lasciato crescere la barba e si fa chiamare Dottor De Santi, è diventato un politico e si è sposato con Bodanka. Lei è sempre bella, anche vestita con l’abito scuro. C’è anche Romeo, o meglio, è per lui che siamo qui. Ora non lo possiamo più vedere. Sul cemento fresco hanno messo un foglio di carta con il suo nome e due date, non era ancora pronta la lapide. Anche lui, a suo modo, ha deciso di partire, di lasciare il quartiere. Una sera, ha aperto la finestra e ha spiccato il volo, certo che non sarebbe più tornato.</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;"><br />
</div><div style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 16px;">Mentre il prete dà l’ultima benedizione con l’acqua santa e i muratori risistemano gli attrezzi, sento una voce che mi elettrifica le spalle e la nuca: “Lo avevo sempre detto che era fatto di burro”.</div><br class="Apple-interchange-newline" /></div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-49758180796134912152011-12-18T09:45:00.003+01:002011-12-29T16:29:18.187+01:00L'ultima opportunità<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><br />
<div class="mbl notesBlogText clearfix" style="background-color: white; color: #333333; font-family: 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 11px; line-height: 1.5em; margin-bottom: 20px; word-wrap: break-word; zoom: 1;"><div><div style="line-height: 1.5em;">Carmen passeggiava per la stanza mordendosi le unghie.</div><div style="line-height: 1.5em;">- Ho fatto un po’ tardi, mi sono fermato con un collega a parlare di lavoro - sembrò che non mi avesse neanche visto entrare.</div><div style="line-height: 1.5em;">Per definire il matrimonio utilizzo spesso una metafora: la vita da single è un bagno caldo, lento e gustoso, la vita di coppia è una doccia fredda e fatta in fretta.</div><div style="line-height: 1.5em;">Per i primi anni mi sono piegato ai doveri, prendendo la relazione con la donna che avevo sposato come un lavoro. Poi sono arrivate le prime incomprensioni. Stupidaggini, per chi le vedeva da fuori. Insormontabili, per noi; con nessuno dei due disposto a retrocedere di un solo passo di fronte al nemico. Così decisi di riprendermi i miei spazi. Quando mia moglie voleva litigare, mi chiudevo in bagno e riempivo la vasca.</div><div style="line-height: 1.5em;">Riscoprii il mio corpo. Ammiravo le forme che facevo con le mani sul pelo dell’acqua, provavo tenerezza per il mio sesso raggrumato, m’immaginavo un fotografo che coglieva l’inquadratura delle mie gambe sott’acqua con i peli che nuotavano. Che avevo fatto di male? In fondo avevo deciso di prendere un po’ di spazio in più per me, ne avevo il diritto. Per un’ora al giorno lasciavo fuori dalla mia vita lei e mia figlia. Anche gli psicologi che parlavano in televisione consigliavano a tutti di prendersi un po’ di tempo per se stessi.</div><div style="line-height: 1.5em;">Ma Sara non lo capì. Una sera uscii dal bagno e non la ritrovai più. Neanche un biglietto di addio, neanche un vaffanculo. Uscii dal bagno asciugandomi la testa e guardai mia figlia Carmen, ormai ventenne: - Ci pensi tu alla cena? - le chiesi e andai a vestirmi.</div><div style="line-height: 1.5em;">Mi domandai tante volte perché mia figlia fosse rimasta con me. Perché scelse i miei gilet marroni, le mie pantofole, la mia alopecia. Che cosa mai le avrei potuto offrire?</div><div style="line-height: 1.5em;">Per un po’ funzionò. La sera rientravo dal lavoro, posavo la borsa di pelle sulla sedia e mi mettevo a tavola. Carmen, stava ai fornelli, mi chiedeva com’era andata al lavoro e io le mugugnavo qualcosa da dietro il giornale. Non era, poi, tutto uno schifo. Coi miei era durata una vita intera. Qualche volta mi chiedeva di uscire, di andare al cinema o a cena fuori. Come risposta mi toglievo gli occhiali e la guardavo con un gesto di rimprovero.</div><div style="line-height: 1.5em;">Quella sera rientrai più tardi del solito, mi ero fermato una mezz’ora in più al bar con i colleghi dopo il lavoro. Che c’è di male Santiddio, un uomo che lavora tutto il santo giorno, si spacca il culo per sua figlia, per farla andare all’università e avere una vita serena, non può prendersi qualche momento di pace e serenità con gli amici?</div><div style="line-height: 1.5em;">La cena non era pronta. Andai in camera sua, ma non entrai, rimasi sulla soglia. Mi sembrò come se un demone le fosse entrato in corpo e l’avesse fatta vestire da sgualdrina. Come una di quelle stupide che si vedono in televisione, tutte uguali, coi loro trucchi pesanti, i seni in bella vista e le gambe scoperte.</div><div style="line-height: 1.5em;">Suonò il campanello. Carmen si arrestò di colpo e avanzò verso di me, mi strattonò per passare.</div><div style="line-height: 1.5em;">- Chi diavolo sarà a quest’ora? - chiesi ad alta voce.</div><div style="line-height: 1.5em;">Vidi Carmen andare alla porta, aprirla e sorridere stringendo gli occhi. Un uomo entrò e l’abbracciò. Era un vecchio, molto più di me, con una corporatura robusta, un grosso faccione quasi giallognolo e folti capelli lisci e grigi pettinati all’indietro.</div><div style="line-height: 1.5em;">- Questo è Marcello - mi disse mia figlia.</div><div style="line-height: 1.5em;">- Che vuol dire “questo è Marcello? Chi sarebbe Marcello? - le chiesi sistemandomi gli occhiali. </div><div style="line-height: 1.5em;">- Marcello è il mio uomo. - mi rispose.</div><div style="line-height: 1.5em;">- Mio.. mio.. tuo nonno, vorrai dire - le risposi, stringendo i pugni.</div><div style="line-height: 1.5em;">- Non offenda signor Semplici. Io e sua figlia ci amiamo, vedrà che si troverà bene con me. Sono un uomo ricco, non le farò mancare nulla, con me avrà una bella vita, glielo assicuro.</div><div style="line-height: 1.5em;">Carmen mi fissò, con la sua bocca ansiosa di commentare ogni mia risposta. Ciò non avvenne, li oltrepassai e mi chiusi in bagno. Sentii piangere, poi alcuni passi verso la cucina e, infine, sbattere la porta.</div><div style="line-height: 1.5em;">Riempii la vasca. Chiusi gli occhi e mi immersi in quel tepore benefico. La nebbiolina, presto riempì il bagno. Avevo fatto bene. Lasciarla andare era stata la decisione migliore. Ho fatto di tutto per lei per farla vivere serenamente ed ora che ha trovato l’amore non posso negarglielo, in fondo sono suo padre, non il suo padrone. Uscii dal bagno e decisi di prepararmi qualcosa da mangiare. Trovai un biglietto sulla tavola.</div><div style="line-height: 1.5em;"><em>“Caro papà, se leggerai questa lettera vorrà dire che non ci vedremo più. Questa era un’ultima opportunità che una figlia, ancora piena di affetto, ha voluto dare al proprio padre. Marcello non è il mio uomo, è il mio professore di recitazione. Ah, già, tu non sai nemmeno che ho lasciato l’università e sto seguendo un corso di teatro. Questa sera non so come farò a non scoppiare a piangere se tu non mi fermerai. Spero sinceramente che non lascerai andare via di casa tua figlia con un uomo di quarant’anni più vecchio solo perché è ricco e le può assicurare un futuro sereno. Ho paura invece, perché ti conosco, che non farai niente, come non hai fatto niente per mamma. A proposito, vuoi sapere perché sono rimasta con te, invece che andare con lei? Perché tu non sei scappato, perché pensavo che tu vivessi per me e che mi volessi bene. Ma voler bene è gioia di stare assieme ad un altro e dentro di te c’è solo una grande e infinita tristezza e se allora è così, significa che è anche colpa di chi ti sta attorno e quindi credo sia giusto che tu ricominci da capo anche se dovrai farlo da solo.”</em></div></div></div></div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-6487443330600534392011-09-18T16:22:00.001+02:002011-12-29T16:30:07.671+01:00Primo giorno di luce<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">Puoi passare giornate intere </div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">a guardare gli aerei passare</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">ma dovrai spezzare le tue ossa </div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">e lasciarti andare nel fiume</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">per capire di non essere un uomo</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">che la pace è nella guerra, </div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">e il bello non vive di forme</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">Perché i sorrisi migliori </div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">nascono sotto la pioggia.</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">Dove basta una mano,</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">quando la quiete,</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">non è nella solitudine.</div></div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-58888850214696526492011-08-28T11:31:00.003+02:002011-12-29T16:30:25.817+01:00La vita, tra le foglie di un geranio.<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><div closure_uid_i7fsbz="108"><span class="messageBody" data-ft="{"type":3}"></span></div><div class="text_exposed_root text_exposed" closure_uid_i7fsbz="116" id="id_4e5a0a7ea95c73757934239">La terra crepa<br />
l'erba selvatica ritira.<br />
Una ragnatela cattura<br />
<span class="text_exposed_hide">...</span><span class="text_exposed_show">una vespa per le ali;<br />
il ragno tira le sue trame,<br />
un calabrone accorre<br />
- lo credo soccorrere<br />
la piccola in difficoltà -<br />
ma poi con le sue fauci<br />
divora la sua testa<br />
e parte del suo corpo<br />
lasciando al ragno,<br />
come razione, solo<br />
un po' della sua coda<br />
e a me, seduto, ancora<br />
più incertezze sulla vita.</span></div></div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-79843213181466634332011-07-30T01:00:00.001+02:002011-12-29T16:30:43.968+01:00sei un essere che ancora non conosci<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">Guardati <br />
e trova la forza di dirtelo<br />
<div closure_uid_9e2fan="116">hai gli occhi aperti</div>quindi sai che, così, non può riuscire<br />
<div closure_uid_9e2fan="117">perché lo hai sempre chiamato sogno.</div>Dillo!<br />
"Non valgo molto, non ne sono capace”.<br />
È stata colpa tua, della tua preparazione.<br />
Il percorso che hai seguito <br />
non è stato quello giusto<br />
ma, credimi, non importa,<br />
perché ora che hai davanti<br />
questo essere che non conosci<br />
non vuoi provare pena<br />
ma affetto;<br />
Così per gli altri come lui<br />
e la rabbia, l’ansia <br />
spariranno,<br />
come mosche indurite nella sabbia <br />
spazzata via dalla forza <br />
di un tuo sorriso.</div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-83238358295224020942011-07-04T14:23:00.001+02:002011-12-29T16:31:02.189+01:00Onoranze ai viventi.<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">Il suo volto era grigio, stirato. Vestiva con completo e cravatta scuri . Seduto di fronte a me, leggeva il giornale con una smorfia che sembrava una cucitura.<br />
Osservavo questo tipo da quasi un’ora e lui non aveva mai alzato gli occhi dal suo quotidiano. Si era limitato, un paio di volte, a bofonchiare qualcosa.<br />
Guardavo lui perché le riviste mediche non m’interessavano e l’arredamento dell’ambulatorio, oltre alla serigrafia di un cuore multicolori e una pubblicità per la prevenzione del cancro alla prostata, non offriva altro per catturare la mia immaginazione.<br />
Era comparso dal nulla. <br />
mezz'ora prima era entrata una signora che aveva aperto la porta con in mano ancora i fogli delle analisi.<br />
L’avevo vista che li controllava prima di alzarsi dal suo posto, mentre con un fazzoletto si asciugava il naso.<br />
Una ragazza bionda uscì dall'ambulatorio e richiuse la porta.- Chi è il prossimo? - disse il dottore da dentro lo studio. La donna si alzò con il foglio con le analisi stretto nella mano destra e le labbra contrite. Posai di nuovo gli occhi sul suo posto e vidi l’uomo con il completo scuro, seduto a leggere il giornale, come fosse sempre stato lì.<br />
Il tempo sembrava non aver alcuna intenzione di scorrere. L’inferno in terra aveva assunto i colori verdognoli e pallidi di una sala d’attesa. Il silenzio, rotto in precedenza soltanto da un insolito grido che vennne dall’ambulatorio del dottore, fu sconvolto dall’entrata di un uomo con una gabardine beige che parlava al telefono.<br />
Entrò di fretta e non chiuse la porta.<br />
- Non bene, non bene - ripeteva al telefono seriamente preoccupato. Era grasso e a parte due ciuffi di capelli castani che gli partivano dalle tempie per poi riabbracciarsi dietro la nuca era completamente calvo. Con la mano destra teneva il telefono ad una distanza di almeno venti centimetri dall’orecchio, obbligandoci, nostro malgrado, a sentire tutta la conversazione che stava tenendo con la moglie, con l’altra mano si sistemava di continuo gli occhiali sul naso.<br />
- Oddio! Come mai dici “non bene”? ti ha già visitato il dottore?<br />
- Non ancora, ma prima mentre passavo ho visto la porta "di servizio" aperta ed ho infilato la testa per salutarlo.<br />
- Allora?<br />
- Mi ha guardato con una faccia.. si vedeva chiaramente che aveva già capito tutto.<br />
Il pelato salutò la moglie e spense il telefono appoggiandolo sul tavolo delle riviste. Si sedette, buttando la testa all’indietro e sbuffando, vicino a quello che leggeva il giornale.<br />
Incredibilmente il tipo scuro parlò: - Vi inculeranno tutti – fece, senza alzare gli occhi.<br />
All’uomo grasso fu come se uno spirito fosse entrato in corpo.<br />
- Come ci inculeranno? Tutti? Ci faranno male? – gli chiese.<br />
- Senza vaselina, faccia lei.- Quasi scandendo le lettere.<br />
- Anche a me? – continuò a domandargli indicandosi con entrambi gli indici sul petto.<br />
Lo scuro alzò lo sguardo e gli rispose: - Soprattutto a lei, caro signore.<br />
Il grasso si alzò dalla sedia, fu tentato di prendere il telefono ma rinunciò. Cominciò a girare per la sala d’aspetto per poi appoggiarsi con un avambraccio al muro e piagnucolarci sopra.<br />
- ma che sta dicendo? A cosa si riferisce? – ruppi il mio silenzio e domandai.<br />
Non mi degnò di alcuna risposta, scosse leggermente un paio di volte il capo e accennò un sorriso maligno.<br />
Il grasso tornò vicino al tipo in nero e con tutta la gabardine bagnata dalle lacrime e gli chiese: - come fa ad esserne così sicuro?.<br />
- è il mio lavoro – gli rispose, poi inumidì il dito medio e sfogliò un’altra pagina di giornale.<br />
Mi ero stancato di quel saccente e con un tono più alto di voce e facendo un smorfia gli chiesi:<br />
- Ah sì, bel lavoro! E cosa farebbe, la spia?<br />
- Onoranze ai viventi.<br />
Mi rispose come se la stupidaggine che aveva appena detto fosse la cosa più normale del mondo.<br />
- l’assumo, le darò tutto quello che ho! – il grasso lo aveva preso per le spalle e lo stava strattonando mentre lo supplicava.<br />
L’uomo si alzò, dopo essersi passato un paio di volte le mani sulle maniche della giacca, arrotolò il giornale e lo infilò sottobraccio. La porta dell’ambulatorio si aprì e la signora finalmente uscì. Il suo volto era come una città bombardata, chiazze rosse e occhi gonfi. La donna uscì e l’uomo in nero la seguì.<br />
- Il prossimo! - tuonò il dottore.<br />
Scosso dalla vista di quello che si era messo a piangere inginocchiato a terra, gli dissi che se voleva poteva entrare al posto mio.<br />
- Non c’è più bisogno, morirò, moriremo tutti.<br />
- Non stia ad ascoltare le stronzate di quel tale, ha visto? Era un parente della signora. Forse uno stupido che voleva solo divertirsi.<br />
- Ci inculeranno tutti!<br />
- La faccia finita, si tiri su, non succederà niente a nessuno.<br />
- Senza la vaselina, capisce? la vaselina!<br />
- Venga, le faccio vedere che il tizio sparava solo una marea di cazzate, venga fuori e lo vedrà passeggiare insieme alla donna, mi creda, se non è suo marito sarà il fratello, o che ne so..<br />
- Ha una ditta di onoranze viventi.<br />
- Non dica sciocchezze, ha mai sentito un cosa simile?<br />
Presi il tale per un braccio e lo tirai su. Vidi il dottore che usciva dal suo studio e gli feci segno di attendere solo un istante.<br />
Uscimmo fuori, sulla la strada.<br />
- Eccolo! – il grasso lo aveva visto.<br />
- Ha visto? Che le dicevo! Sta camminando dietro la signora. Sta più tranquillo adesso?<br />
- Sì, sì, stava solo scherzando – si rincuorò il tipo.<br />
Lo feci voltare, proprio quando la donna si fermò in mezzo alla strada e il tizio vestito di nero continuò a camminare e per un istante, sembrò, che la stesse attraversando.</div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-37084138466323638282011-04-22T17:38:00.003+02:002011-12-29T16:31:20.358+01:00casa verde di legno ammuffito<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">Ho i denti bianchissimi. La faccia ben rasata e i capelli curati, anche se dicono che il mio taglio sia troppo fuori moda. Dicono che gli specchi ingrassano, ma il mio corpo qui davanti mi sembra perfetto, forse un po’ troppo bianco e magro, sarei stato esemplare negli anni settanta, senza queste maledette palestre. Che schifo. Principalmente l’odore: nauseabondo; e il sudore che quei porci lasciano sui macchinari.<br />
<br />
<br />
Mi fanno ridere. Escono dagli uffici o dalle fabbriche, dove per otto o dieci ore al giorno si sono ricoperti di ragnatele, per andare in quei porcili con i loro completini nuovi. <br />
<br />
Sudano come lumache, lasciando le loro scie di bava attorno ai macchinari dove le ragazze coi pantaloncini infilati nel culo camminano e controllano dallo specchio chi le sta guardando. <br />
<br />
Probabilmente ci usciranno pure con quelle svergognate, sai che serate! Le porteranno in pizzerie, dove fanno vedere l’anticipo del campionato di calcio, facendo finta di ascoltarle mentre quelle oche vomitano stupidaggini sulle loro amiche zoccolette, poi finire la serata in qualche stradina di campagna a farsi pulire il pennello, mentre per l’abitacolo si diffondono le voci dei giornalisti del post partita. <br />
<br />
Li detesto, detesto quei profili sulle vetrine del corso, detesto i loro aperitivi, i loro saluti falsi le loro conversazioni inutili.<br />
<br />
Dal primo superiore, da quei due che facevano sempre i simpatici, quello con i capelli come una tettoia e quello grasso col sorrisetto idiota. Non lasciavano mai respirare i miei compagni, li avevano battezzati tutti: il Neandertaliano a quello più brutto della classe, lo Storto ad uno che aveva una gamba più corta dell’altra, il Grezzo a quello che i suoi genitori non gli avevano insegnato a parlare per bene l’italiano. <br />
<br />
Quei due buffoni ci avevano provato una volta anche con me. Iniziarono una mattina, ridacchiando tra di loro. Le risatele diventarono occhiate. Si giravano e con i loro sorrisi malefici mi squadravano. Poi iniziarono a pronunciare la parola che le loro menti geniali avevano partorito: “Matto”. <br />
<br />
Andai verso la cattedra chiamato dalla professoressa Lorenzi per l’interrogazione di chimica e mentre passai di fianco ai loro banchi sentii: “matto” e le loro risatine. Risero anche gli altri, probabilmente per il sollievo che fosse toccato ad un altro. Certo. <br />
<br />
Come poteva far ridere un soprannome così idiota? Solo due stupidi che in seguito diventarono uno avvocato e l’altro assessore comunale avrebbero potuto generare un soprannome di così mediocre creatività. <br />
<br />
La Lorenzi mi fece le sue domande, conoscevo benissimo le risposte ma le parole che scorrevano nella mia testa erano ben diverse. Avevo i titoli di testa di un film horror. I protagonisti: i due imbecilli. Finivano male, molto male. <br />
<br />
Durante la ricreazione andai davanti alla faccia di quello coi capelli a tettoia - il futuro avvocato - lo guardai negli occhi e lui ridendo e cercando l’approvazione degli altri cominciò a gridacchiare: “matto qua qua qua” “sono matto, qui quo qua” o altre scempiaggini, non mi ricordo bene. Mi ricordo benissimo il rumore che fece la matita quando gliela infilai sulla guancia, come una martellata sulla sabbia. Bellissimo, una liberazione. I suo occhi sbarrati, le lacrime, la sua faccia diventare bordeaux. <br />
<br />
Abbassai le palpebre ascoltando una musica celestiale nella testa. <br />
<br />
Non si ribellò, né cercò aiuto, si accasciò per terra come una preda ferita. Il suo corpo e i suoi occhi mi chiedevano di finirlo, Dio, quando avrei voluto farlo! <br />
<br />
Un “incidente” dissero a scuola. Un altro modo di evitare le rogne a patto che io non tornassi più in quella classe e che mi facessi seguire da uno psichiatra. I miei non pronunciarono mai quel nome, mi dicevano: “andiamo del signor Benatti” neanche dottore lo chiamavano, che strani, chissà di cosa avevano paura, il matto ero io, mica loro. <br />
<br />
Lo psichiatra era divertente. Io lo fissavo di continuo e lui si agitava e mi prescriveva le pillole. A casa i miei si vergognavano di darmele e me le lasciavano sul comodino della mia camera, assieme ad un bicchiere d’acqua e qualche caramella. Mangiavo le caramelle, bevevo l’acqua e mettevo le pillole dentro le scarpe. Non durò molto. Benatti vedendo che lo fissavo sempre e che non riusciva a trasformami in un zombie disse ai miei che le pillole dovevano darmele per forza. E così fecero. <br />
<br />
E questi sono gli unici ricordi nitidi che ho della mia adolescenza. Uno schifo verrebbe da dire. Un schifo di nebbia in effetti. La vita che una persona conosce cessa di esistere e tutto diventa un’appannata continua ripetizione di un paesaggio desolato, grigio, immobile. Come un sogno ripetitivo, nei momenti di stallo, come li chiamo io, mi sembra di avanzare lentamente verso una casa di legno ammuffito e verde ma non riesco a raggiunge niente, non riesco ad entrare, posso solo girare attorno al portico, al giardino pieno di ferri vecchi, non somiglia nemmeno alla casa dove sono nato, agli istituti in cui sono stato. Poi le immagini aumentano il contrasto e riprendono i colori. <br />
<br />
Come adesso che mi ritrovo qui, senza nemmeno perché. Senza sapere dove sono e chi mi ci ha portato. A guardarmi nello specchio di un armadio, sempre nudo con la bocca spalancata ammirando i miei denti, lisciandomi i capelli, facendo scorrere una mano in mezzo alle mie gambe e girare per l’appartamento in cerca di un coltello, trovarlo e ritornare davanti allo specchio dell’armadio. <br />
<br />
“Perché vuoi farlo?” inizio a gridare. Il cuore lo sento da tutte le parti del mio corpo. I muscoli si contraggono. La pelle butta fuori sudore. Poi il fastidio di sentire sempre quei mugugni, quei lamenti. <br />
<br />
Non ne posso più dei loro pianti e allora apro l’armadio e li vedo lì, legati, imbavagliati. Li prendo per i capelli e li trascino fuori. Volevano ridere di me, ma anche stavolta non ce l’ha fatta. Torneranno di nuovo ne sono certo. Per ora però ho vinto io. Infilando il coltello dentro la bocca del mio compagno di classe sento ancora il rumore del martello nella sabbia e provo lo stesso piacere della prima volta e il paesaggio della casa di legno diventa più nitido e riesco addirittura ad entrare. Vedo una donna che sta lavando i piatti mentre canta una canzone. È troppo bella, magnifica quella voce, quel collo pieno di raggi di sole. L’ho già sentita quella canzone, ma non mi ricordo dove. Non riesco nemmeno a sentirla mai tutta. Parla di uno che va da un santo e gli fa domande su cosa rimane della vita, il santo senza dirgli niente apre il palmo della sua mano e mostra un piccolissimo diamante e piccole gocce di sangue che escono dalle ferite. Senza sentire la voce l’uomo riesce a sentire che la vita la deve aspettare uscire dalle spighe di grano e che le nuvole non restano sole. La prima volta che l’ho sentita ho capito che non era stata mai scritta e che sarei stato io a doverla finire. <br />
<br />
Esco dall’appartamento mettendo i suoi abiti e mi ritrovo per strada, una volta vestito da donna, un’altra con la giacca e la cravatta a cercare di nuovo la mia ispirazione.<br />
<br />
</div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-46161833713417918722011-04-02T10:12:00.002+02:002011-12-29T16:31:34.654+01:00I punti non congiunti<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGySWdIAN_8l7XLmH-K_gS3zwf8_-csdS8qWjDC5hKUvP44Z-_lOcY0L5I9DYPCONdHU5ZUkL4d14agcUoIWBsqcJoNcUWBPfQOvjNq3oOBIaNOh8jIg6aHieujjvIgwi9nzY8DviI5wLD/s1600/OROLOG%257E1.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="229" r6="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGySWdIAN_8l7XLmH-K_gS3zwf8_-csdS8qWjDC5hKUvP44Z-_lOcY0L5I9DYPCONdHU5ZUkL4d14agcUoIWBsqcJoNcUWBPfQOvjNq3oOBIaNOh8jIg6aHieujjvIgwi9nzY8DviI5wLD/s320/OROLOG%257E1.JPG" width="320" /></a></div>Sei un paesaggio che rimane <br />
non muti<br />
e non temi l’abbandono della luce<br />
né l’assenza dei venti<br />
o l’aridità delle tue crepe<br />
ma vivi di deserto <br />
e così differente,<br />
come cambia correre<br />
o restare immobili,<br />
sciogli lentamente il tuo tempo<br />
donando sguardi<br />
all’accartocciarsi delle foglie<br />
agli eserciti di polvere a riposo sulle rocce<br />
che sia stata solo un esercizio<br />
o l’esistenza eterna senza dubbi,<br />
non eravamo noi sopra un veliero<br />
a scorrere, patendo<br />
le sue dune.</div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-55072063732634432652011-02-07T21:33:00.002+01:002011-12-29T16:31:52.242+01:00La bava del mondo<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmL6C342TvAZj9Pn4S9N3nlj97qqSdTmiHzHaO4KcpJ9828_iz1Eb6jm-uVKu357Fub6Cy3IikPd8I0qp_g3_7bepNHVgGAil2ZtIpnHo-WQELdUp3AUTwFiu0CtENcnWyzOHnxa7k3mHC/s1600/reietti.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" h5="true" height="242" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmL6C342TvAZj9Pn4S9N3nlj97qqSdTmiHzHaO4KcpJ9828_iz1Eb6jm-uVKu357Fub6Cy3IikPd8I0qp_g3_7bepNHVgGAil2ZtIpnHo-WQELdUp3AUTwFiu0CtENcnWyzOHnxa7k3mHC/s320/reietti.jpg" width="320" /></a></div><br />
Noi siamo i reietti,<br />
viviamo le nostre morti<br />
ci saziamo della bava del mondo<br />
insegniamo parole povere<br />
e piccoli sentimenti<br />
il nostro dio non ci ha mia voluto<br />
e noi lo abbiamo preso per il culo<br />
col vino e le canzoni<br />
osanniamo la fine<br />
godiamo del dolore<br />
ballando attorno alla sofferenza<br />
i nostri calici non si svuoteranno mai<br />
guai a voi!<br />
teneteci caldi e sofferenti<br />
affogati nelle vostre bugie<br />
ma ora teniamo in ostaggio<br />
la vostra società<br />
come conigli di peluche<br />
brandiremo le nostre lame<br />
attorno alle vostre gole<br />
e la vita della guerra<br />
col suo sangue sazierà <br />
la nostra sete.</div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-80912012843296725132011-02-06T17:29:00.004+01:002011-12-29T16:32:14.389+01:00Il ladro di coriandoli<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="390" src="http://www.youtube.com/embed/9gKKgJG1z58" title="YouTube video player" width="640"></iframe></div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7984929393344587868.post-57881886417597773152011-02-02T23:41:00.003+01:002011-12-29T16:32:32.945+01:00Lievi sull'acqua dorata<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><iframe allowfullscreen="" class="youtube-player" frameborder="0" height="390" src="http://www.youtube.com/embed/9UYBzzLBQkI" title="YouTube video player" type="text/html" width="640"></iframe></div>Maurohttp://www.blogger.com/profile/04625986755097492533noreply@blogger.com0