Da piccoli rubavamo al mercato della frutta. Non prendevamo, però, mele, arance o altro, rubavamo le cassette di legno.
Staccavamo i lati ed ecco che avevamo le nostre mazze da baseball.
Il campo era il piazzale antistante la casa di zio Alfredo. Le partite duravano fino a quando mio zio non tornava dal lavoro e parcheggiava la sua 127 bianca proprio sopra la nostra "casa base".-
Ricordo le nostre mazze con ancora i chiodi infilati alle estremità. Mia cugina, con le gambe più sottili dei chiodi, batteva la stecca per terra e urlava : "Palla!".
Come palline usavamo le noci che cadevano, nel nostro piazzale, dall'albero dei vicini. Le regole le stabilivamo io e mia cugina, gli unici che avevano visto tutta la prima serie di Pat, ragazza del baseball.
A giocare eravamo i soliti sette, oltre a me e mia cugina, c'erano: Francesca, Michelino e Lucky il suo cane,la Silvietta e nostro cugino Giordano.
Michelino diceva che nostro cugino "non valeva" perché aveva la sindrome di Down e non sapeva colpire la palla.
Come ricevitore usavamo una vecchia sedia arrugginita con sopra una cesta. Per trovare posto a nostro cugino, il ricevitore lo abbiamo fatto fare a lui. A lui piaceva anche se a prendere la palla Lucky era molto più bravo.
Giocavamo orami da diversi anni. I grandi che passavano lungo la strada si fermavano a guardarci colpire le noci con pezzi di legno ammuffiti e correre intorno al piazzale. Scuotevano la testa e si allontanavano.
Formavamo due squadre da tre, quasi sempre io, Francesca e mia cugina da una parte,la Silvietta , Michelino e Lucky dall'altra. A Giordano mettevamo un cappello con la visiera all'indietro e lo piazzavamo dietro il battitore. Era buffo quando prendeva la palla, rideva e cercava sempre di tirarmela sulla testa.
Un giorno avevamo finito le mazze, perché faceva freddo e nostra zia le aveva usate per la stufetta a legne.
Michelino disse che sarebbe andato al mercato a recuperare qualche cassetta della frutta.
Noi quattro aspettammo lui e Lucky seduti per terra, ma quel pomeriggio non tornò al nostro campo da baseball.
Francesca dopo un po' risalì sulla sua bici e tornò a casa, Giordano la salutò con tutte e due le mani.La Silvietta e mia cugina si misero a parlare come se non mi volessero far sentire quello che stavano dicendo. Io dissi a mio cugino Giordano che doveva tornare a casa perché oggi non si giocava. Lui rispose "Va bene" e mi strinse la mano.
Cominciava a tirare il vento freddo che annuncia sempre l'inverno. Le nostre partite pomeridiane sarebbero presto diminuite.
Il giorno dopo Michelino e Lucky tornarono con una cassetta. La tirarono a terra. Di solito quando le tiravi a terra qualche stecca si staccava, ma questa volta no. Non era di legno. "Sono finite le mazze" ci disse Michelino, con Lucky che cercava di addentare la cassetta di plastica verde.
La Silvietta e mia cugina non sembravano tanto dispiaciute da questa brutta notizia.
"Facciamo un giro in bici?" mi chiese Michelino.
"Non posso, ho promesso a mia zia che sarei rimasto con Giordano" gli risposi.
"E allora dov'è?" Michelino mi fece notare che Giordano non c'era e a me venne subito la fronte gelata.
"Cerchiamolo" urlai agli altri.
Facemmo il giro dell'isolato, ma niente. Poi sentimmo una voce. Era Francesca che ci chiamava dalla sua terrazza al secondo piano.
Andammo a casa sua, Giordano era sotto la sua finestra con un mazzo di fiori e erbacce in mano, il cestino della sua bici con le ruotine era pieno delle nostre palle da baseball. Aveva messo la camicia di suo padre e si era legato un fazzoletto al collo.
Francesca lo ascoltava parlare anche se non capiva bene quello che le stava dicendo.
Mio cugino mi sembrava felice. Quando ebbe finito lo presi sottobraccio e lo riportammo al campo da baseball.
Francesca rientrò in casa e non venne con noi.
Andai nella rimessa e presi un pezzo di legno. La feci volteggiare un paio di volte in aria e, dal punto di battuta, gridai ai miei amici: "Palla!"
La Silvietta e mia cugina continuavano a ridere e a toccarsi i capelli, Michelino era risalito sulla bici e stava cercando di fare un'impennata con Lucky dietro che gli abbaiava.
Io chiamai mia cugina e le dissi che avevamo una nuova mazza e potevamo tornare a giocare.
"Lancia la palla, muoviti" le ordinai.
Mia cugina ne prese una dal cestino della bici con le ruotine di giordano e la guardò.
"E' solo una noce" mi disse, e si rimise a parlare con Silvietta.
Staccavamo i lati ed ecco che avevamo le nostre mazze da baseball.
Il campo era il piazzale antistante la casa di zio Alfredo. Le partite duravano fino a quando mio zio non tornava dal lavoro e parcheggiava la sua 127 bianca proprio sopra la nostra "casa base".-
Ricordo le nostre mazze con ancora i chiodi infilati alle estremità. Mia cugina, con le gambe più sottili dei chiodi, batteva la stecca per terra e urlava : "Palla!".
Come palline usavamo le noci che cadevano, nel nostro piazzale, dall'albero dei vicini. Le regole le stabilivamo io e mia cugina, gli unici che avevano visto tutta la prima serie di Pat, ragazza del baseball.
A giocare eravamo i soliti sette, oltre a me e mia cugina, c'erano: Francesca, Michelino e Lucky il suo cane,
Michelino diceva che nostro cugino "non valeva" perché aveva la sindrome di Down e non sapeva colpire la palla.
Come ricevitore usavamo una vecchia sedia arrugginita con sopra una cesta. Per trovare posto a nostro cugino, il ricevitore lo abbiamo fatto fare a lui. A lui piaceva anche se a prendere la palla Lucky era molto più bravo.
Giocavamo orami da diversi anni. I grandi che passavano lungo la strada si fermavano a guardarci colpire le noci con pezzi di legno ammuffiti e correre intorno al piazzale. Scuotevano la testa e si allontanavano.
Formavamo due squadre da tre, quasi sempre io, Francesca e mia cugina da una parte,
Un giorno avevamo finito le mazze, perché faceva freddo e nostra zia le aveva usate per la stufetta a legne.
Michelino disse che sarebbe andato al mercato a recuperare qualche cassetta della frutta.
Noi quattro aspettammo lui e Lucky seduti per terra, ma quel pomeriggio non tornò al nostro campo da baseball.
Francesca dopo un po' risalì sulla sua bici e tornò a casa, Giordano la salutò con tutte e due le mani.
Cominciava a tirare il vento freddo che annuncia sempre l'inverno. Le nostre partite pomeridiane sarebbero presto diminuite.
Il giorno dopo Michelino e Lucky tornarono con una cassetta. La tirarono a terra. Di solito quando le tiravi a terra qualche stecca si staccava, ma questa volta no. Non era di legno. "Sono finite le mazze" ci disse Michelino, con Lucky che cercava di addentare la cassetta di plastica verde.
"Facciamo un giro in bici?" mi chiese Michelino.
"Non posso, ho promesso a mia zia che sarei rimasto con Giordano" gli risposi.
"E allora dov'è?" Michelino mi fece notare che Giordano non c'era e a me venne subito la fronte gelata.
"Cerchiamolo" urlai agli altri.
Facemmo il giro dell'isolato, ma niente. Poi sentimmo una voce. Era Francesca che ci chiamava dalla sua terrazza al secondo piano.
Andammo a casa sua, Giordano era sotto la sua finestra con un mazzo di fiori e erbacce in mano, il cestino della sua bici con le ruotine era pieno delle nostre palle da baseball. Aveva messo la camicia di suo padre e si era legato un fazzoletto al collo.
Francesca lo ascoltava parlare anche se non capiva bene quello che le stava dicendo.
Mio cugino mi sembrava felice. Quando ebbe finito lo presi sottobraccio e lo riportammo al campo da baseball.
Francesca rientrò in casa e non venne con noi.
Andai nella rimessa e presi un pezzo di legno. La feci volteggiare un paio di volte in aria e, dal punto di battuta, gridai ai miei amici: "Palla!"
Io chiamai mia cugina e le dissi che avevamo una nuova mazza e potevamo tornare a giocare.
"Lancia la palla, muoviti" le ordinai.
Mia cugina ne prese una dal cestino della bici con le ruotine di giordano e la guardò.
"E' solo una noce" mi disse, e si rimise a parlare con Silvietta.
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