martedì 2 novembre 2010

Biciclette con le ruotine.

Da piccoli rubavamo al mercato della frutta. Non prendevamo, però, mele, arance o altro, rubavamo le cassette di legno.
Staccavamo i lati ed ecco che avevamo le nostre mazze da baseball.
Il campo era il piazzale antistante la casa di zio Alfredo. Le partite duravano fino a quando mio zio non tornava dal lavoro e parcheggiava la sua 127 bianca proprio sopra la nostra "casa base".-
Ricordo le nostre mazze con ancora i chiodi infilati alle estremità. Mia cugina, con le gambe più sottili dei chiodi, batteva la stecca per terra e urlava : "Palla!".
Come palline usavamo le noci che cadevano, nel nostro piazzale, dall'albero dei vicini. Le regole le stabilivamo io e mia cugina, gli unici che avevano visto tutta la prima serie di Pat, ragazza del baseball.
A giocare eravamo i soliti sette, oltre a me e mia cugina, c'erano: Francesca, Michelino e Lucky il suo cane, la Silvietta e nostro cugino Giordano.
Michelino diceva che nostro cugino "non valeva" perché aveva la sindrome di Down e non sapeva colpire la palla.
Come ricevitore usavamo una vecchia sedia arrugginita con sopra una cesta. Per trovare posto a nostro cugino, il ricevitore lo abbiamo fatto fare a lui. A lui piaceva anche se a prendere la palla Lucky era molto più bravo.
Giocavamo orami da diversi anni. I grandi che passavano lungo la strada si fermavano a guardarci colpire le noci con pezzi di legno ammuffiti e correre intorno al piazzale. Scuotevano la testa e si allontanavano.
Formavamo due squadre da tre, quasi sempre io, Francesca e mia cugina da una parte, la Silvietta, Michelino e Lucky dall'altra. A Giordano mettevamo un cappello con la visiera all'indietro e lo piazzavamo dietro il battitore. Era buffo quando prendeva la palla, rideva e cercava sempre di tirarmela sulla testa.
Un giorno avevamo finito le mazze, perché faceva freddo e nostra zia le aveva usate per la stufetta a legne.
Michelino disse che sarebbe andato al mercato a recuperare qualche cassetta della frutta.
Noi quattro aspettammo lui e Lucky seduti per terra, ma quel pomeriggio non tornò al nostro campo da baseball.
Francesca dopo un po' risalì sulla sua bici e tornò a casa, Giordano la salutò con tutte e due le mani. La Silvietta e mia cugina si misero a parlare come se non mi volessero far sentire quello che stavano dicendo. Io dissi a mio cugino Giordano che doveva tornare a casa perché oggi non si giocava. Lui rispose "Va bene" e mi strinse la mano.
Cominciava a tirare il vento freddo che annuncia sempre l'inverno. Le nostre partite pomeridiane sarebbero presto diminuite.
Il giorno dopo Michelino e Lucky tornarono con una cassetta. La tirarono a terra. Di solito quando le tiravi a terra qualche stecca si staccava, ma questa volta no. Non era di legno. "Sono finite le mazze" ci disse Michelino, con Lucky che cercava di addentare la cassetta di plastica verde.
La Silvietta e mia cugina non sembravano tanto dispiaciute da questa brutta notizia.
"Facciamo un giro in bici?" mi chiese Michelino.
"Non posso, ho promesso a mia zia che sarei rimasto con Giordano" gli risposi.
"E allora dov'è?" Michelino mi fece notare che Giordano non c'era e a me venne subito la fronte gelata.
"Cerchiamolo" urlai agli altri.
Facemmo  il giro dell'isolato, ma niente. Poi sentimmo una voce. Era Francesca che ci chiamava dalla sua terrazza al secondo piano.
Andammo a casa sua, Giordano era sotto la sua finestra con un mazzo di fiori e erbacce in mano, il cestino della sua bici con le ruotine era pieno delle nostre palle da baseball. Aveva messo la camicia di suo padre e si era legato un fazzoletto al collo.
Francesca lo ascoltava parlare anche se non capiva bene quello che le stava dicendo.
Mio cugino mi sembrava felice. Quando ebbe finito lo presi sottobraccio e lo riportammo al campo da baseball.
Francesca rientrò in casa e non venne con noi.
Andai nella rimessa e presi un pezzo di legno. La feci volteggiare un paio di volte in aria e, dal punto di battuta, gridai ai miei amici: "Palla!"
La Silvietta e mia cugina continuavano a ridere e a toccarsi i capelli, Michelino era risalito sulla bici e stava cercando di fare un'impennata con Lucky dietro che gli abbaiava.
Io chiamai mia cugina e le dissi che avevamo una nuova mazza e potevamo tornare a giocare.
"Lancia la palla, muoviti" le ordinai.
Mia cugina ne prese una dal cestino della bici con le ruotine di giordano e la guardò.
"E' solo una noce" mi disse, e si rimise a parlare con Silvietta.

mercoledì 22 settembre 2010

Il fuoco in una stanza (incipit)


Il mio racconto "Il fuoco in una stanza" è stato inserito nell'antologia "Tramonti di ruggine" edita da Perorne Lab, che sarà presentata lunedì 25 ottobre 2010 alle ore 19,00 presso il Beda Do Samba ( Via dei Messapi, 8 - San Lorenzo, Roma) Interverranno gli autori Giorgio De Donno “Scorze d’arancia” e Francesca Bertoldi “Forse tu sì”.

Incipit
- Sono bellissime queste tende, ma dove le hai prese? – chiese Anita facendo scivolare il tessuto sui palmi delle mani.
- Al mercato, se vai ora fai in tempo - rispose Aike stesa sul letto con la busta del ghiaccio tra le gambe - Ma non valgono niente.
- Perché dici così? Mi sembrano buone, sono morbide e delicate
- Guarda là in fondo, lo vedi quel buco? Ci è caduta un po' di cenere di sigaretta e ha preso fuoco subito, per poco non bruciavo anche il tappeto.
- Tanto io non fumo e non faccio fumare neanche i clienti in camera mia. Pensa Marcello questa sera quando le vedrà, sono certa che gli piaceranno, non vedo l’ora.
Anita ballava sulle punte per l’appartamento della sua amica Aike.
- Torna sulla terra principessa.
....

mercoledì 28 luglio 2010

Erano dolci le tue lacrime



Erano dolci le tue lacrime

Per le lacrime che hai pianto
ho ucciso tanti uomini
per ogni goccia
è nato un fiore di loto
non sono valsi a tornare
le anime mi hanno tenuto lì
fermo, ad impazzire
chiedo scusa ora
all'ultimo respiro
quello che fa vedere i morti
la luce, la vita
e mi tengono per mano
erano dolci le tue lacrime
ora, le sento respirare.

mercoledì 14 luglio 2010

Capitolo 22 "Non perderemo più"

...
Capitolo 22


I ragazzini se ne erano andati portandosi via anche il verginello imbranato e la sua ragazzetta che era rimasta incastrata in mezzo alla siepe.
Lasciarono i due fratelli lì, nudi a terra, con Vanessa, novella Madonna della Pietà, che reggeva Filippo colpito al petto dal cranio semi glabro del giovane guerriero.
- Svegliati Filippo, se ne sono andati, ho freddo e ho paura, voglio tornare a casa.
- Monica è pronto il caffè? – Le rispose Filippo ancora nel Nirvana.
- Sono io Vanessa. Siamo al parco del Tevere. Un gruppo di ragazzini ci ha aggredito. Riprenditi Filippo non ce la faccio più! – Piagnucolava Vanessa.
Stava per desistere quando il fratello riprese coscienza. Filippo si alzò di scatto, succhiando avida-mente aria e farfugliando una frase di poco senso: “Non sei pelato, non sei pelato!”.
La frase, inconsciamente pronunciata, era il frutto di un onirico viaggio che lo vedeva protagonista, suo malgrado, di un’impietosa scena: il ragazzone che lo aveva colpito con la testata che stava saltellando sulla pancia e lo prendeva in giro sulla pochezza del suo apparato riproduttore.
Vanessa, anche lei nuda e infreddolita, si era rannicchiata a terra. Filippo, al contrario, si era messo in piedi e camminava nervosamente parlando ad alta voce.
- Domani in ufficio lo faccio impazzire quel verme di Croci.
Aveva il morale ai minimi storici e con qualcuno se la doveva prendere.
- Ma lascialo perdere, pensa piuttosto ad un modo per tornare a casa – Vanessa gli fece notare che non avevano più telefonini e abiti e di conseguenza anche le chiavi della Jeep.
Filippo guardò attorno. Il cielo era terso e pieno di stelle, sembrava la corsia di fronte del raccordo anulare di notte. Il parco del Tevere ormai era semi deserto. Si grattò il mento e ruotò lo sguardo. Riuscì a vedere dall’altra parte del parco, quella vicino al fiume, un uomo seduto su di una panchina di ferro che stava parlando al telefono. Fece segno alla sorella di seguirlo in silenzio.
Col passo del leopardo si posizionarono dietro la panchina e stavano ascoltando la conversazione dell’uomo. Il tipo era un extracomunitario. Filippo studiò il piano. Lo rivelò a Vanessa:
- Mentre parla tu gli vai davanti e lo distrai, quando si stacca il cellulare dall’orecchio glielo prendo e scappiamo.
- Sei un povero pazzo! – rispose la sorella giustamente impaurita dalle probabili reazioni dell’uomo. – Non ho alcuna intenzione di andare davanti alla faccia di questo marocchino completamente nuda.
- Va bene va bene, devo fare tutto io, come sempre - sbottò Filippo scuotendo la testa.
- Sì nonno, ho appeso le ossa di topo davanti alla porta - disse, con gli occhi al cielo, il giovane stra-niero seduto sulla pachina.
Si chiamava Winston Bluebell, veniva da un’isola dei carabi. Suo nonno, lo stregone del paese, era considerato una specie di santone, un guaritore. Winston lo considerava solo uno sgozzagalline. Se n’era andato dall’isola per non fare la sua stessa fine: ballare attorno a cerchi di fuoco per scacciare i demoni dal corpo delle trippone incinte.
In Italia cercava la tranquillità, una vita da telefilm americano, un lavoretto, un gruppo d’amici con cui bere la sera e una ragazza. Un’italiana. Una ragazza magra, con un po’ di grilli per la testa, che lo te-nesse sempre attivo, piena d’interessi, una come quelle dei film di Woody Allen.
Filippo si alzò in piedi e andò davanti a Winston.
- Mi dia il telefono per favore.
Alla vista dell’uomo bianco nudo davanti a sé, il giovane straniero mulatto rimase con le labbra pendule e lo sguardo incredulo. Si ricordò, in quel preciso istante uno degli insegnamenti di suo nonno: "Cigouaves", il demone con il pene a verruca.
- Nonno, nonno, avevi ragione c’è Cigouaves, aiutami che devo fare?
- Cigouaves? È nudo e quasi senza pene?
- Sì nonno è lui!
- Grande Obatala! Prendi sei occhi di pipistrello, buttali a terra calpestali e recita il Botswa.
- Nonno non ce li ho gli occhi di pipistrello!
- Come fai ad uscire la sera senza gli occhi di pipistrello?
- Aiutami svelto che vuole da me? – Il giovane si era rannicchiato sulla panchina mentre il demone si stava avvicinando.
- Vuole il tuo pene per darlo alla sua compagna, lì vicino ci dovrebbe essere anche un altro demone dalle sembianze femminili.
Winston girò la testa e vide accovacciata dietro la panchina la compagna del demone anch’essa nu-da.
- C’è! c’è! è dietro di me. – Gridò il giovane al nonno.
- Vuole mangiartelo, devi inserirlo dentro di lei e pregare con la faccia rivolta verso un albero o lui te lo taglierà, fai presto e la prossima volta portati dietro gli occhi di pipistrello.
Winston si alzò di scatto, lasciò cadere il telefono cellulare, abbassò i pantaloni e gli slip e con uno slancio saltò dietro la panchina agguantando Vanessa.
- Ehi ma che vuoi? Che hai intenzione di fare con quel pitone? Non penserai di … aiuto Filippo que-sto mi violenta! – Vanessa a terra, con il collo bloccato dalla mano di Winston e le gambe divaricate, chiese aiuto al fratello che la degnò solo di una rapida occhiata, fece spallucce, raccattò il telefono da terra e compose il numero di casa sua.
- Monica, sono io. Vienimi a prendere, sono al parco del Tevere. Veloce!
- Ma, hai avuto un incidente, stai bene? – chiese la moglie preoccupata.
- Muoviti! – e riattaccò.
Dopo circa dieci minuti l’auto di Monica si fermò davanti all’ingresso del parco. Mentre la donna si passava il rossetto sulle labbra sentì aprire la portiera posteriore della sua auto e vide due figure entrare.
Erano Filippo e Vanessa. Completamente nudi. Monica non fu in grado di una minima reazione, spalancò solo gli occhi e diede una rapida occhiata dietro poi voltò lo sguardo in avanti.
- Ti vuoi muovere che sto congelando? – le disse il marito.
- Ti vuoi svegliare? Metti in moto sto carcassone e andiamo! – aggiunse Vanessa.
Monica non fu in grado di reagire.

...

mercoledì 23 giugno 2010

Sdeng! nr. 4


Nel 4° numero della rivista "Sdeng" trovate tre miei racconti - Chiudi gli occhi, Surreal Tango e Mushroom - preceduti da una bellissima illustrazione di Paolo Pazzaglia.

mercoledì 16 giugno 2010

In un punto nascosto della mente. (incipit)



Pubblicato nell'instant Antology del mese di Giugno edita da Perrone Lab
a tema: "I luoghi", dal titolo: "Lì, tra le strade sottili di linfa e rugiada"
che sarà presentata alle ore 19 di lunedì 19 Luglio presso la sala de "Il Simposio" a Roma.

leggi l'incipit

Crocky non aveva sempre avuto questo soprannome, glielo affibbiarono Grinder e Mush ad Amsterdam.
Quel giorno preciso uscì dal cesso della loro camera d’Hotel ed annunciò ai due amici: “Mi sono fatto la barba”.
Mush lo guardò in faccia ed esclamò: “Che cazzo sono quei cosi sopra la bocca?”
“Sono baffi, coglione!” rispose Crocky.
“Sembri un messicano con quei cazzo di baffi” disse Mush mentre, steso sul letto a castello, gironzolava col telecomando in mano per i canali della tv satellitare. Smise di smanettare quando apparve la pubblicità di una marca di tortillas. Un corvo baffuto stava indossando un sombrero e gracchiava: “Hola soy Crocky te gusta tortillas?”
Grinder, anche lui steso sul suo letto, con le braccia inermi lungo i fianchi, si mise a ridere senza riuscire ad aprire bene gli occhi, fu solo in grado di ripetere: “Crocky, Crocky”. Così fece anche Mush.
“Ridete pure buffoni” così dicendo, Crocky, si buttò sul suo letto, sotto a quello di Mush, dopo aver tolto dalla coperta un paio di pacchetti di patatine aperti e una confezione di lattine di birre da sei.
“Quanta Skunk c’è rimasta?” chiese Mush.
“Una decina di grammi” rispose Grinder.
“Io ho preso anche cinque scatole di Dangerous Dragons” disse Crocky.
“Ti ha dato di volta la cocuzza brutto messicano? Quei funghi marci spappolano il cervello!” rispose Grinder.
“No amico, te lo aprono” disse Crocky.
“E cosa speri di vedere nel tuo melone scappottato?” gli chiese Mush.
“Rivoglio l’odore dell’amore” rispose Crocky guardando fuori dalla finestra.
....

giovedì 3 giugno 2010

Diamanti



Ruotano le mani delle danzatrici ming
ti avevo promesso vestiti di seta per la sera
ma sono di carta ormai le mie parole
ho chiesto al santo cosa rimane della vita
mi ha risposto che una nuvola non resta sola
e cercare l’amore uscire dalle spighe di grano
- Sono niente per il dolore che provo -
Lui pianse sangue mentre stringeva in mano
un piccolissimo diamante.

giovedì 29 aprile 2010

Mushroom (INCIPIT)




è stato inserito all'interno dell'antologia, dedicata al tema del CORPO,
dal titolo "Quando la pelle non ci separava" che uscirà in
questi giorni per Perrone LAB.
Il volume sarà presentato lunedì 24 maggio 2010 alle ore 19,00 presso il
Simposio (via dei Latini 11 ang. via degli Ernici 1-5 - San Lorenzo,
Roma).


Racconto di Mauro Fodaroni INCIPIT


Mirka, con i palmi delle mani, si grattava le tempie rasate.
- Uha! Uha! Uha! – gli unici suoni che uscivano dalla sua bocca con un rigagnolo di saliva che le pendeva dal labbro inferiore.
La liana di bava si staccò, colando sulla canottiera sopra una macchia rossa a forma di nebulosa.
Sul divano del salotto Seidel aveva la chitarra appoggiata sulla coscia destra e muoveva il plettro senza toccare le corde. Gli unici cigolii li procuravano gli accordi della mano sinistra.
La porta di casa si aprì senza avvisi. Ne apparve la figura di un secco con la giacca di pelle sopra una maglietta di cotone gialla. Il tipo superò Mirka senza degnarla di uno sguardo e raggiunse il salotto. Ascoltò per un minuto buono il botta e risposta tra i due. Sorridendo fece una smorfia, si diresse verso il frigo e tirò fuori una birra, accese la tv e si buttò sul divano.
- Lo sai che nel milleduecento gli alieni sono arrivati sulla terra? Hanno distrutto totalmente la civiltà esistente che era avanti anni luce rispetto a questa e ..- disse Seidel senza neanche guardare in faccia il secco.
- Te l’ha detto Mirka immagino – lo interruppe l’altro.
- No Bullet, l’ho studiato, è scritto nei libri.
Bullet buttò gli occhi sopra il tavolino, notò le pastiglie, la stagnola e le pipe e svogliatamente aggiunse - Ah Ah!.
.......

giovedì 8 aprile 2010

Il tremolio di una lacrima sull'occhio



Di fronte alla finestra,

nelle tue stanze abiterà la vita
e avrà raccolto i tuoi capelli.

Appoggerai le mani al davanzale
e ispirerai un pensiero
dopo aver visto volare un corvo

ed il ricordo di due occhi tristi
ti farà togliere il fermaglio e
mettere una mano sopra il petto

- che splendido cielo amore mio -
Chi ti cinge non sente cosa pensi
se con i tuoi occhi insegui il volo

quando ti bacerà sul collo
vedrai andarsene lontano
un punto nero all’orizzonte
che speri di ritrovare ancora.

lunedì 8 febbraio 2010

Surreal Tango (Incipit)




è stato inserito all'interno dell'antologia, dedicata al tema della FOLLIA,
dal titolo "Scantinati per meduse e fiori di cristallo" che uscirà in
questi giorni per Perrone LAB.
Il volume sarà presentato lunedì 22 marzo 2010 alle ore 19,00 presso il
Simposio (via dei Latini 11 ang. via degli Ernici 1-5 - San Lorenzo,
Roma).

Ospite della serata: Giuseppe Aloe (autore di Non è successo niente -
http://giulioperroneditore.it/node/375)

Interverrà l'editore Giulio Perrone


Surreal Tango
Mauro Fodaroni


La luna, un enorme e vecchio piatto pieno di crepe, rifletteva una luce candida sulla città.
Nel vicolo di via Hesse stava avanzando la notte con tutte le sue promesse da non mantenere. Rigagnoli d’acqua e fumo dagli scarichi di un ristorante cinese. Lampi di neon intermittenti dall’insegna della sala da ballo “Cane Andaluso”. Solo un gatto con passo pigro attraversava la strada.
Davanti alla vetrina di un negozio abbandonato un uomo con due borse della spesa. L’uomo, immobile ormai da più di mezzora, specchiava la sua immagine sul vetro. Gli occhi grandi e scavati quasi sparivano dietro le due spesse lenti da vista, le guance asciutte e ricoperte dalla barba di almeno tre giorni, il collo magro con un pomo d’Adamo piccolo e appuntito come una bolla d’acne.
...